Campagna di Sine Requie Anno XIII nel Sanctum Imperium (e non solo) conclusa...
...ma di tanto in tanto si ritorna indietro...

mercoledì 18 maggio 2011

Carne al fuoco

Uno scorcio di Molino d'Era

Una mattina di metà Maggio del 1958, il gruppo parte così da Siena in direzione Molino d’Era. Succede che dopo un paio di dozzine di km scorgono a bordo strada 2 autocarri e delle persone; avvicinandosi notano che 3-4 sono armati, probabilmente Cacciatori, mentre i restanti 8-9 sono dei frati francescani. In particolare uno di loro sembra riconoscere Fratello Remigio (anche se camuffato, come anche gli altri del gruppo, con abiti civili e con documenti di identità falsi… il suo nome, piuttosto bizzarro, ora è “Benigio da Marrazzo”…) e lo saluta; dopo qualche incertezza anche Benigio riesce a ricordarsi del viso, ora molto cambiato, di quell’uomo…
Si decide di dare una mano ai frati, i quali hanno un mezzo in panne; i nostri e il frate, tale Padre Matteo, ripercorrono indietro i km fino a Siena dove reclutano un meccanico da portare sul posto; nel frattempo Benigio e frate Matteo passano un paio d’ore a colloquiare privatamente…
Poi si riparte verso Molino d’Era; i nostri giungono al piccolo borgo toscano verso metà pomeriggio.
Qui non hanno difficoltà a varcare la piccola stazione del dazio e la situazione di primo acchito sembra molto vicina alla normale routine; se non fosse per un particolare che non sfugge agli occhi di lince di Ettore Zonzini… il Cacciatore romagnolo, infatti, nota che in questo piccolo centro abitato la stragrande maggioranza delle donne e ragazze che si vedono sono vestite in maniera evidentemente e marcatamente sciatta e dimessa e sembrano rifuggire ogni sguardo…
In ogni caso i nostri proseguono e giungono sino all’unica locanda presente, “Il Fiasco Rotto”: qui conoscono l’oste, Michele Condotti, il quale, seppur giovale alla tipica maniera toscana, propone pasti, bevande e alloggi a prezzi molto, molto alti.
Lasciato il costoso luogo di ristoro il gruppo pensa bene di andare a visitare la vicina chiesa di Santa Genoveffa: qui colloquiano amabilmente con Padre Franco Rederelli, un giovane e servile curato che offre untuosamente loro pane, vino, formaggio e si propone di farli alloggiare, almeno per questa notte, in una stanza di servizio della chiesa. Dal sacerdote non apprendono niente di particolare, se non lodi al loro influente benefattore, il nobile Lorenzo Siniscalchi, amministratore di Molino d’Era…
Giunta ormai la sera il gruppo decide di tornare al Fiasco Rotto: questa volta pagano una salata bottiglia del rinomato vino del posto, imbottigliato direttamente dalle fruttuose vigne toscane di proprietà del Siniscalchi.
Benigio, nonostante la sua più volte sbandierata castità (…e impotenza…), tenta, solo strategicamente, di attirare l’attenzione della giovane cameriera, probabilmente compagna dell’oste, ma ella, apparentemente triste, trasandata e mal vestita, si ritrae rapidamente da occhiate e fuggevoli attenzioni; inoltre Ettore scorge che mentre i prezzi del Condotti sono elevati per i forestieri, evidentemente per i Probi Viri locali, ossia le guardie del paese al soldo del Siniscalchi, i prezzi sono notevolmente più modici, del tipo di pochi scudi a testa per una cena…mah…
Fatto sta che all’improvviso accade l’imprevedibile: un gruppo di Probi Viri esce dal Fiasco e dopo pochi passi, uno di loro si accascia dolorante al suolo, poi nero fumo fuoriesce dalla sua bocca urlante e dal suo naso; in poche decine di secondi un’alta fiammata sembra divorare l’uomo, lasciando sul posto solo le punte delle mani e dei suoi piedi… e subito Molino d’Era cade nella paura, nel panico e nella superstizione.
Gli altri Probi Viri tentano di mantenere l’ordine, riuscendoci solo parzialmente, visibilmente scossi anche loro; i cittadini toscani iniziano a farsi il segno della croce e a ciarlare nel loro dialetto sulle folgori lanciate dal Signore sui peccatori del paese; Padre Rederelli accorre dalla chiesa e invita tutti alla preghiera e al pentimento… nel caos che ne esce Bastiano ne approfitta per usare le sua arti oratorie interrogando uno dei paesani: apprende che quello è l’ultimo di una lunga lista di morti per fuoco, altre guardie ed anche un inquisitore e i suoi conversi. Ma il popolano sembra essere conscio e sollevato dal fatto che sin ora i fuochi non hanno mai colpito cittadini innocenti ma solo le guardie, uomini violenti e corrotti e l’inquisitore mandato da Roma ad investigare, un uomo fanatico che non fece altro che mandare al rogo 2 innocenti del paese, per poi morire lui stesso atrocemente per fuoco durante la celebrazione di una messa nella piazza del paese, Piazza San Rocco.
I nostri iniziano a sospettare che le morti per fuoco siano dovute a un qualche tipo di sostanza forse disciolta nel famigerato vino di Molino d’Era.
Benigio e Bastiano si recano a colloquio all’Erboristeria Vitali, per sentire che ne pensa il suo titolare: qui conoscono l’anziano erborista Lanfranco Vitali il quale parla apertamente e non nasconde il suo odio per il tiranno Siniscalchi, definendolo un disonesto e un pervertito che ama fare abusi sulle donne del paese e resta impunito; racconta che anche la moglie dell’oste Condotti, Laura, ha subito le “attenzioni” del Siniscalchi… racconta che anche lui stesso ha avuto problemi col nobile… e che tutt’ora egli lascia sempre un uomo armato per sorvegliare l’uscio della sue erboristeria…
Nel frattempo Ettore, Michele e Padre Rivolta vanno a colloquiare con alcuni Probi Viri e alcuni lavoratori delle limitrofe vigne alla porta di Villa Gandolfo, la residenza del Siniscalchi, apprendendo che, mentre la paga per le guardie è buona, quella per i braccianti che lavorano le vigne del nobile è nettamente sotto la media, lasciando i popolani in una situazione di palese indigenza e di sfruttamento; inoltre, in un attimo di distrazione dei Probi Viri, un lavoratore, tale Francesco Toderi, invita i nostri a casa sua, per alcuni chiarimenti in merito…
Il gruppo deduce quindi che a Molino d’Era vi siano schierate due fazioni in opposizione: da una parte il tiranno Siniscalchi e i suoi violenti Probi Viri, dall’altra qualcuno dei cittadini che probabilmente sta tentando una vendetta, uccidendo ad una ad una le guardie del nobile perverso…
I nostri quindi non mancano l’appuntamento col Toderi, offrendogli anche una buona e costosa bottiglia del vino che lui stesso produce, per Siniscalchi, in condizione di sfruttamento: il Toderi rivela di essere stato un ricco proprietario terriero, poi espropriato a forza dalla prepotenza del Siniscalchi… conferma le precedenti morti per fuoco dei Probi Viri, la morte dell’inquisitore e dei suoi conversi (uno dei quali, fuggiasco, è poi morto in una stazione del dazio in quel di Orvieto…); conferma anche che l’indagine dell’inquisitore è stata fallimentare in quanto ha mandato al rogo 2 palesi innocenti cittadini… inoltre aggiunge che l’erborista è stato forse il più vessato dalla bramosia del perverso Siniscalchi in quanto pare che sia stata da lui violentata e forse uccisa la sua unica figlia 19enne, Elena Vitali…
Tanti elementi per una sola indagine, ma come si suol dire… non sempre è buona cosa mettere troppa “carne al fuoco”…
La locanda "Il Fiasco Rotto"

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