Campagna di Sine Requie Anno XIII nel Sanctum Imperium (e non solo) conclusa...
...ma di tanto in tanto si ritorna indietro...

mercoledì 19 ottobre 2011

A Mantova


Fratello Michele e l’Ing. Timperi, insieme alla piccola Irene, giungono ben presto alla casa dello zio Claudio Pitti.
Qui nessuno li accoglie ma al richiamo della bimba subito risponde lo zio il quale però pare essere molto impegnato sul retro, causa il difficile parto della moglie la quale lancia urla disperate di dolore.
Sul retro bottega è allestita una piccola sala parto: Pitti infatti ora è tintore ma prima del Giudizio era un medico affermato, laureatosi alla facoltà di Padova, ma poi i Morti hanno cambiato la vita di tutti, anche la sua…
Ad un tratto però, Claudio, mentre assiste la moglie, è bloccato dall’orrore: i nostri accorrono ad aiutarlo e vedono che il neonato è già morto, Risvegliato e tenta, sebbene senza denti, di mangiarsi tutto ciò che trova, in un lago di sangue.
Mentre Mario porta fuori dalla stanza Irene e Claudio, Fratello Michele si occupa del funesto neonato: recide come può il cordone ombelicale e recitando orazioni, mette fine all’empia esistenza di quel Morto piccino.
Subito dopo viene richiamato il Dott. Pitti, ripresosi, il quale attua le misure mediche necessarie per salvare almeno la vita di sua moglie: il tutto va a buon fine e il Templare discute a lungo con l’uomo, reo di non aver voluto portare la moglie in una Misericordia (non essendo un uomo molto devoto…) ma lo perdona e non lo denuncia in quanto il Signore ha messo comunque sul suo destino la scelta di prendersi cura della piccola nipotina Irene.
Congedatisi da casa Pitti i due ritornano al centro di Ostiglia dove si riuniscono con gli altri e si scambiano le informazioni ottenute.
La mattina seguente la soluzione sembra unica: partire in direzione Mantova, probabile ultima destinazione dei due Inquisitori fuggiaschi.
Fra l’altro tutti notano, senza riuscire a dare una spiegazione logicamente plausibile, che Fratello Benigno questa mattina appare già stanco, affaticato e quasi zoppicante…
In circa 3 ore di viaggio il gruppo giunge alla Stazione del Dazio mantovana: qui chiedono dell’inquisitore tatuato e vengono a sapere dagli Excubitores che altri non è che il loro amato Padre Gherni… ma poi si devono giustificare sul fatto di aver chiesto notizie in maniera sospetta sul religioso mantovano, rientrato in città poco tempo prima.
In ogni caso riescono a glissare ed entrano in città.. qui accadono molteplici avvenimenti.
Un uomo, probabilmente ormai folle, rinchiuso da troppo tempo in una Gabbia del Pentimento, interpellato da Padre Bastiano, si rivolge a lui con toni criptici e sicuramente forieri di sventura…
Un’arzilla locandiera, fra l’altro senza un braccio, spiattella ai nostri, durante il pranzo alla “Locanda della Mezzanotte”, una serie inenarrabile di informazioni e pettegolezzi su Mantova (fra le quali la presenza di bordelli, furti, sparizioni di bambini, ecc.), lasciando i nostri per lo meno sbigottiti di fronte alla moltitudine di cose che ci sarebbero da sistemare in questa apparentemente tranquilla città di provincia…
Benigno e Michele per prima cosa vanno a far visita alla Rocca di Mantova, al centro del Borgo ora adibito a sede dei Cavalieri Templari: qui, dopo una brevissima anticamera, riescono repentinamente ad avere un lungo colloquio con il Maestro Ernesto Sullo, il quale li rende edotti su diversi aspetti della situazione in cui versa la città…
Nel frattempo Padre Bastiano, il Teutonico Bartolomeo e Mario Timperi pensano bene di andare verso Palazzo Te, sede della Santa Inquisizione.
Durante il tragitto passano davanti al Duomo della S.S. Trinità, sede del Vescovado, dove è presente una lunghissima coda di fedeli in attesa delle confessioni, celebrate nell’odierna giornata dallo stesso Vescovo Santamaria; poi attraversano il Porto fluviale e prendono le parti di un ragazzino, Beco, reo di aver rubato una pagnotta ad un nerboruto panettiere, Baldo, il quale lo avrebbe di certo massacrando di botte…saldano il debito del bambino e vengono a sapere che lui è uno dei ragazzi dell’orfanotrofio sito vicino alla Chiesa dei Martiri (ora sconsacrata) e chiede di essere ricondotto li.
Giungono infine a Palazzo Te ma, nel labirintico cortile esterno, vengono subito intercettati da una nutrita squadra di Conversi che, dopo un breve scambio di battute, li esortano ad andarsene, in quanto il Magister Alfredo Zattra ha dato disposizione di non essere disturbato; l’unico modo per essere ricevuti dal sommo Padre Inquisitore pare sia presentare una Richiesta di Ricevimento compilata e firmata dal Vescovo Santamaria…
Peccato che Sua Eccellenza sia proprio ora impegnato oltre misura con le lunghe confessioni e non riesca a liberarsi almeno fino al mattino seguente…
E questo è solo un assaggio dell’assurda burocrazia che, in taluni casi, ancora affligge il "moderno" Sanctum Imperium…

mercoledì 12 ottobre 2011

Per locande

Duomo di Modena

Il viaggio da Correggio a Modena si esaurisce senza imprevisti, a bordo di una vetusta e rugginosa corriera.
La città emiliana, destinazione dei nostri, si presenta in gran fermento: è infatti l’ultimo dei tre giorni del mensile mercato e quindi un gran numero di commercianti affolla le strade del centro.
Il gruppo, dopo un breve dialogo con gli excubitores di guardia alla stazione del dazio, i quali confermano di aver vistato l’ingresso di due inquisitori corrispondenti alla descrizione, si recano repentinamente al Duomo di Modena da Don Conti, il Padre Castigatore locale, per un triste resoconto sui fatti, tragici e sanguinosi, avvenuti a Correggio e per i nuovi problemi insorti dopo il furto indebito del memoriale della Pansardi.
Padre Conti, ancora in compagnia del fido Montini, accoglie calorosamente i nostri ma subito si rattrista e anzi quasi si dispera a causa del dolore per la morte dell’amata cugina Virginia ad opera di Leonarda; inoltre un messo gli porge una missiva con l’informazione che due non meglio identificati inquisitori ieri sono entrati in città e a questo punto il Conti chiede vivamente al gruppo di proseguire con le indagini, trovando il memoriale e smascherando quelli che secondo lui sono certamente due blasfemi falsi uomini di Dio.
E quindi i nostri si dividono per le strade di Modena; mentre Bastiano, Bartolomeo e Michele vanno per locande per sapere eventualmente dove alloggiano i due raminghi inquisitori, Benigno e Mario vanno alla Domus degli excubitores per reperire altre informazioni sui fuggiaschi.
Si viene a sapere che i due uomini sono arrivati la notte precedente a bordo di un furgone e con abiti da inquisitori mentre se ne sono ripartiti al mattino in abiti borghesi; inoltre l’oste de “La Secchia”, la bettola dove hanno pernottato, racconta che i due hanno avuto un breve colloquio di una decina di minuti, durante la cena, con una terza persona, senza segni particolarmente distintivi, anche perché in questi giorni di mercato molti forestieri hanno affollato praticamente tutte le locande e le strade modenesi.
Ma in particolare uno degli excubitores rammenta che gli inquisitori parlavano di doversi dirigere verso il Nord dell’Imperium e quindi con molta probabilità avrebbero percorso la strada in direzione di Ostiglia.
Con questi pochi ma chiari indizi il gruppo pensa bene di rimediare un carretto con un paio di cavalli, gentilmente procurato da Don Conti, finanziatore e promotore fervente delle indagini, per partire alle prime luci dell’alba successiva in direzione Nord.
Il carretto attraversa placidamente, per ore, sia lunghi paesaggi campestri della bassa sia diversi borghi disabitati, fra i quali Mirandola; la fortuna vuole che in queste zone abbandonate non si incontrino Morti, almeno per ora…
Qualche ora dopo Mirandola, sulla strada, i nostri scorgono la sagoma di un furgone parcheggiato; deducono che possa trattarsi del mezzo di trasporto dei 2 inquisitori. Ora appare ormai vuoto, probabilmente in panne, senza documenti ne chiavi e con solo un rosario penzolante dallo specchietto retrovisore…
Una decina di minuti dopo il furgone si scorge in lontananza una sorta di edificio illuminato, anzi… in fiamme.
Arrivati sul posto il gruppo si avvicina: è un grosso edificio isolato, a due piani, arso da un incendio in corso; inoltre è presente una stalla non ancora lambita dal rogo. Un insegna penzola sopra la porta d’ingresso: si tratta della locanda de “L’Ultima Cena”.
Mentre Bartolomeo va ad esplorare la stalla gli altri tentano di entrare in locanda per dare un’occhiata ma sono sorpresi dall’agguato di un famelico Ferox che si getta sul malcapitato Padre Bastiano sfondando una delle finestre del piano terreno.
Inizia lo scontro mentre anche un secondo Morto appare sulla soglia dell’edificio: la battaglia è piuttosto rapida e il solo Bastiano ha qualche affanno, ghermito a terra dal Ferox e morso più volte ma sempre salvato dalle sue protezioni.
Nel frattempo Bartolomeo vede che la stalla è vuota ma che nelle vicinanze ci sono a terra diversi pezzi di carne fremente: appartengono ad almeno 3 donne recentemente fatte a pezzi…
Dopo che il Timperi ha sparato l’ultimo colpo col suo Bodeo e centra la testa del Simplex sulla soglia, tutti i presenti odono distintamente le grida di aiuto di una voce di bambina provenienti dall’interno della locanda.
All’interno le fiamme e il fumo rendono tutto più complesso ma il gruppo riesce a fare a pezzi un terzo Morto che si era fissato a tentare di aprire una porta sbarrata; dietro questa ci sono le scale dell’interrato dove accorre subito fra le braccia di Fratello Benigno una bambina di circa 9 anni, Irene Pitti.
La piccina viene tratta in salvo e portata subito fuori dall’edificio: qui ella può raccontare la tragedia subita.
Irene aveva 2 sorelle; sua madre gestiva la locanda e per arrotondare gli incassi di fatto faceva prostituire le due ragazze adolescenti e trattava Irene come una sguattera.
Il giorno prima, mentre tre contadini stavano partecipando al turpe “intrattenimento” e lei era stata mandata via in cucina, sono entrati in locanda due uomini, di cui uno tatuato in volto.
Irene non ha capito bene cosa volessero quei 2 ma è riuscita ad intravedere che uno di loro, il tatuato, ad un certo punto ha iniziato a scuoiare la pelle del volto dei 3 contadini mentre l’altro ha condotto fuori la madre e le sue due sorelle… poi solo grida… poi le fiamme… Irene, terrorizzata si rifugia nella cantina e si chiude dentro… poi i Morti.. e infine per fortuna la bimba è stata salvata.
La piccina inoltre ha sentito dire dai due uomini che avrebbero preso i cavalli della stalla e si sarebbero diretti verso Ostiglia…
Irene è ovviamente sconvolta per la perdita della sua pur squallida famiglia (le 3 donne sono state fatte a pezzi, probabilmente dall’altro inquisitore, fuori dalla stalla…), ma riesce a farsi forza e chiede cortesemente ai nostri di essere portata a casa di un suo carissimo zio che abita proprio ad Ostiglia e che potrebbe, d’ora in avanti, prendersi cura di lei.
Il gruppo dunque si adopera per spegnere i residui focolai e poi si appresta a trascorrere la nottata nel sicuro scantinato dell’edificio.
Il mattino seguente si giunge in quel di Ostiglia, paese liberato e fortificato, adagiato sulla riva del fiume Po; il gruppo paga uno dei numerosi traghetti per attraversare il fiume e interroga il traghettatore il quale pare non aver notato i due inquisitori ricercati che, per inciso, ora probabilmente stanno girando in abiti civili e quindi sono molto meno riconoscibili.
Al Dazio del paese un excubitor registra l’ingresso dei nostri e segnala di soppiatto a Fratello Benigno un ottimo posto per dormire, la “Locanda del Marchese”… strizzando maliziosamente l’occhio al Cavaliere del Tempio, il quale non interpreta subito in maniera corretta il gesto goliardico dell’uomo.
I nostri, in ogni caso, decidono di dividersi: Benigno, Bastiano e Bartolomeo vanno ad esaminare le 3 locande cittadine per reperire info sui possibili alloggi dei due inquisitori.
La prima locanda esaminata è il Marchese: qui nessuna informazione ma la bella locandiera Luisa, una sorridente e avvenente ragazza 32enne, scambia qualche battuta con Fratello Benigno (il quale nel dubbio prende una stanza singola…) e pare gli lasci intendere che, se vuole, la sera stessa si potrebbe combinare qualcosa di interessante insieme…
Nel mentre Fratello Bartolomeo e Padre Bastiano vanno alle altre due locande: mentre a “La Quiete” non ci sono indizi, a parte il fetore, la mancanza della benché minima igiene e un oste brutto, malvissuto e dai modi piuttosto scortesi, alla “Locanda del Santo” i nostri sono più fortunati.
L’oste è meno scorbutico del precedente e rivela rapidamente che la notte passata hanno dormito da lui i due tizi che i nostri cercano (i quali si sono presentati in locanda come due commercianti, pagando bene e in anticipo…) e poi sono ripartiti al mattino presto, senza far colazione.
Bartolomeo si fa subito dare la chiave della loro stanza ma prima che possa arrivarvi si sente un inquietante urlo femminile: una delle cameriere è totalmente inorridita mentre stava proprio per pulire la stanza in questione. Urla… “Oddio, l’ho toccata! Oh Signore.. Salvami..!” e piange in preda ad una pesante crisi di nervi.
Bartolomeo e Bastiano allora si fiondano nella stanza e vedono l’oggetto causa di cotanto orrore: sotto il letto è stata rinvenuta una orribile sorta di macabra maschera fatta apparentemente con lembi di pelle umana, fra l’altro abbondantemente sporca di sangue rappreso.
La prima reazione è devastante per entrambi: il Teutonico trattiene a stento il vomito ed esce inorridito e scosso dalla stanza; Padre Bastiano invece accusa uno shock ancora maggiore.. vomita apertamente appena è uscito dalla stanza ed è duramente provato anche e soprattutto dal punto di vista psicologico, mantenendo ben impressa nella sua mente l’immagine indelebile di quell’oggetto così marcatamente blasfemo e orripilante…
Nel frattempo, mentre gli altri stanno esaminando le 3 locande, Fratello Michele e l’Ing. Timperi scortano la piccola Irene Pitti presso l’abitazione dello zio, il Signor Claudio Pitti, il quale dimora in un vicino edificio in centro, dove esercita anche la sua attività.. un piccolo negozio di tinture per abiti.

Ostiglia, il ponte di chiatte sul fiume Po

Ostiglia, la "Locanda del Marchese"

mercoledì 5 ottobre 2011

Risveglio dall’incubo


Lo scontro fra i nostri e la rediviva Leonarda è oltremodo cruento: per un lasso di tempo incalcolabile il solo templare Benigno l’ha affrontata, restando ferito e ammaccato in più parti della sua armatura. Poi anche Fratello Bartolomeo, Michele e il Timperi giungono nella stanza delle oscure scritte di sangue. Qui, seguendo le indicazioni dei francescani, i nostri tentano subito di dare alle fiamme la stanza e la casa, rompendo tre delle 4 lampade a olio presenti.
In ogni caso si rendono subito conto che fronteggiare la Pansardi così male armati e feriti non pare essere l’idea migliore: tentano quindi una rocambolesca fuga al piano superiore, sbarrando alla meglio le porte.
Accade però che i 4 vengono assaliti anche dal figlio della donna, nascosto dietro una porta e armato di doppietta: per poco il suo colpo non stecchisce sul posto l’esterrefatto Ingegnere ma il fato lo aiuta… e subito dopo le lame affilate dei compagni regolano il ragazzo, il quale viene prima decapitato e poi frettolosamente fatto a pezzi.
La fuga quindi giunge al piano terreno e la porta viene sbarrata; si cerca del materiale per incendiare l’intero stabile ma nel frattempo Leonarda, furiosa più che mai per la morte dell’amato figliolo, irrompe prepotentemente sfondando porta e sbarramenti di fortuna. Fratello Bartolomeo ha un impeto di coraggio misto a follia e fatalismo e si getta a capofitto, spada alla mano, sulla vecchia, con l’intento di trafiggerla, avvinghiarla e ributtarla giù per le scale fino al piano interrato. Il teutonico riesce nell’intento, miracolosamente non riporta ferite gravi ma la sua fedele spada d’ordinanza è irrimediabilmente spezzata e per metà conficcata nell’immondo petto di Leonarda.
Qui la lotta continua: Fratello Benigno ormai stremato e ferito si tira indietro, Fratello Michele impugna la sua spada e va all’attacco, nonostante indossi un saio francescano invece della sua solita armatura e Bartolomeo, ormai disarmato, tenta di sfruttare le sua capacità di lotta e rissa per aiutare il compagno nello scontro…
Nel frattempo il Timperi decide di uscire per valutare il da farsi e per poco non rischia il linciaggio da parte dei sospettosi e iracondi cittadini posseduti di Correggio; al contempo Padre Bastiano, insieme al Dott. Mantelloni e a Fra Cristoforo, adopera tutta la sua oratoria per imbonire al meglio delle possibilità la folla, sempre sull’orlo della violenza gratuita.
Intanto all’interno della funesta casa Pansardi lo scontro insanguina sempre di più i partecipanti con colpi micidiali e proibiti da ambo le parti. Leonarda viene prima bloccata da una indovinata presa di Fratello Bartolomeo che le blocca le gambe e la fa cadere a terra… poi ci pensano i colpi di Michele a dividerla a metà… ma è ancora una minaccia… finchè non viene smembrata definitivamente.
Poi i due danno finalmente fuoco a tutta la casa e nel caos che se ne genera escono, non visti dalla folla che intanto segue Fra Cristoforo al monastero francescano per ottenere spiegazioni sull’accaduto.
Ma mentre il fuoco arde, brucia e purifica l’immonda casa… le sue blasfeme scritte e il rituale stesso… e a poco a poco la popolazione si riprende, risvegliandosi come da un brutto sogno… turbata e scossa.
Padre Cristoforo allora raduna il gruppo e dice di voler chiamare a raccolta tutti i cittadini nello spiazzo di fronte al monastero per un arringa dei forestieri.. solo poco prima insultati e minacciati.. e ora acclamati come eroi, salvatori, forse quasi santi…
I nostri spiegano ai villici, attraverso le parole del carismatico templare Fratello Michele da Bracciano, lo svolgersi dei tragici eventi che li hanno coinvolti.. il rituali della Pansardi, gli omicidi delle 4 donne e tutto il resto…
Al che la gente acclama a gran voce i nomi dei Templari e degli Inquisitori che sono stati i loro salvatori e sono inevitabili baci, abbracci, grida di gioia, preghiere e segni della croce a ripetizione… fino a che tutti vengono invitati alla solenne messa di redenzione e di giubilo celebrata repentinamente dai francescani.
Fra tutti i vari festeggiamenti e gli abbracci però uno rimane particolarmente impresso nella memoria di Padre Bastiano: un ragazzino, poco più di un fanciullo, lo abbraccia e lo bacia ripetutamente quasi commosso dalla gioia.
Ma solo poco dopo c’è la consapevolezza di ciò che è accaduto: a Bastiano è stato sottratto il plico contenente il memoriale della Pansardi.. fra tutti quegli abbracci uno probabilmente era quello di Giuda..
In ogni caso il gruppo si ricompatta e chiede spiegazioni a Fra Cristoforo il quale in effetti dice che poco prima si erano presentati in città un paio di Inquisitori (fra l’altro uno dei quali, il più giovane, aveva tatuata su una guancia la croce di Nostro Signore…) che hanno chiesto delle indagini, del gruppo e di chi custodisse i documenti sottratti alla Pansardi… molto strano che poi proprio questi risultino sottratti indebitamente… mah..
In ogni caso il gruppo decide di pazientare ancora qualche giorno per guarire dalle numerose ferite e poi, su suggerimento di Fra Cristoforo, di recarsi a Modena da Padre Conti e dal buon Montini per relazionare sull’accaduto, sulla morte della cugina, su Leonarda e non ultimo, sulla sparizione del memoriale e sulla comparsa dei 2 misteriosi inquisitori, probabili colpevoli del furto per chissà quali turpi moventi…