Campagna di Sine Requie Anno XIII nel Sanctum Imperium (e non solo) conclusa...
...ma di tanto in tanto si ritorna indietro...

mercoledì 23 febbraio 2011

Dal Cimitero al Teatro Vittorio Emanuele II

Uno dei Morti sul prato del cimitero riminese

Il Teatro Vittorio Emanuele II in P.zza Cavour a Rimini centro

Padre Bastiano, ristabilito, si ricongiunge al gruppo. I quattro si aggiornano sul da farsi e partono, la notte stessa, verso il cimitero, per tentare di cogliere l’eventuale setta in riunione. Giunti in prossimità di uno degli accessi secondari al campo santo, ora in stato di abbandono e ad alto pericolo di Morti in circolazione, i nostri lasciano la loro auto lontana dall’ingresso principale, per non dare nell’occhio e tentano la sortita: accade però che, complice il buio della notte e il lugubre posto, solo Vito non subisce l’effetto dei nervi e della paura. Bastiano ed Ettore infatti, in maniera non molto onorevole, si ritraggono da quel luogo infausto e fanno per tornare verso l’esterno, alla macchina parcheggiata; Remigio addirittura ha un raro cedimento psico fisico e crolla a terra svenuto…
Pochi minuti dopo, in ogni caso, il gruppo si ricompatta e superato l’iniziale shock si decide ad entrare nell’oscuro luogo di morte. Dopo qualche passo si odono urla strazianti e movimenti indistinti da fronte e da retro; i nostri iniziano una corsa per raggiungere le palazzine del cimitero ma circa a metà strada sono incrociati da alcuni Morti famelici: una donna armata di coltelli esce urlando e sfonda la vetrata della chiesetta del cimitero, avventandosi da tergo su Bastiano mentre un uomo putrefatto armato di scure si para davanti al gruppo. Lo scontro è convulso anche perché l’impressione di poter essere a breve circondati da decine di Morti è forte, inoltre la tenue luce delle torce elettriche del gruppo, unica fonte di illuminazione, rende ancora meno agevole il destreggiarsi nell’ampio prato buio del cimitero…
Fatti a pezzi i due Morti, i nostri, lievemente feriti, corrono verso quella che sperano essere la Palazzina Venezia: ci sono infatti due palazzine simili all’ingresso, nessuno di loro sa con certezza quale sia quella giusta e nella fretta non è stato nemmeno chiesto a qualcuno in città, informazione che di certo ogni riminese avrebbe potuto dare con relativa facilità…
In ogni caso decidono istintivamente per un’irruzione nella palazzina sita a sinistra dell’ingresso principale: qui trovano altri Morti, non membri della setta… ma anche palesi indizi che la setta si era di certo radunata in quell’edificio: altri mantelli di canapa, tracce di sangue, resti di candele e una lettera che, in sintesi, spiega che da Dicembre ’57 la sede delle riunioni è stata spostata, per motivi di sicurezza a causa dei Morti, al Teatro Vittorio Emanuele II in Piazza Cavour, sede della Fabbrica di Maschere e Burattini di Edoardo Carosi, presumibilmente capo delle Anime Candide.
I nostri, neanche a dirlo, si lanciano allora all’assalto del Carosi in quel del teatro; ormai è tarda notte, la città appare deserta e buia, il piano terra del teatro è luogo deputato al laboratorio artigiano del Carosi, per burattini e maschere, oltre che ad un’ampia e inquietante esposizione delle stesse.
Nella sala delle Colonne, al p.t., il gruppo ode una voce, presumibilmente del Carosi, che li schernisce… salgono le scale e arrivano al piano superiore del teatro. Qui attraversano alcune stanze con letti e mobilio sul quale ci sono segni evidenti di sangue e dei rituali della setta e poi giungono ad una lunga stanza vetrata dove c’è il Carosi ad attenderli insieme ad una giovane nuda e presumibilmente ubriaca, che riconoscono come Annamaria Bianchini, la giovane scomparsa, quattro piccoli burattini animati e armati di coltelli oltre a sette elementi della setta incappucciati e armati di accette. Lo scontro è lungo e bizzarro, anche perché inizialmente Ettore sbaglia completamente il lancio di una granata, rischiando grosso… ma poi le potenzialità del gruppo hanno il sopravvento e una volta resosi conto dell’imminente sconfitta, Edoardo Carosi prende con se la giovane in stato di incoscienza e si getta di sotto sfondando una vetrata, rimanendo ucciso sul colpo. Un tragico e sanguinoso epilogo…
Il gruppo se ne fa una ragione e riporta quanto accaduto in sede vescovile e inquisitoriale e il caso, di fatto, viene archiviato con l’eliminazione della setta.
Inoltre il vescovo Valentini dona ai nostri, in riconoscenza per quanto fatto sino ad ora per la città, le chiavi di un’intera palazzina in centro per le loro esigenze, esentandoli finalmente dallo sperperare per vitto e alloggio ogni scudo al costoso Albergo Aquila d’Oro… E tutto sembra a posto… i giorni trascorrono placidi…
Fino a che, come un fulmine a ciel sereno, ognuno dei nostri non riceve la lettera di convocazione al processo a loro carico, ognuno secondo le proprie accuse, presso i due tribunali riuniti, quello vescovile e il temutissimo tribunale inquisitoriale… e si salvi chi può…

mercoledì 16 febbraio 2011

Dal Teatro Novelli al Cimitero

L'ingresso del Teatro Novelli

Uno scorcio del cimitero riminese in rovina

Mettendo insieme le diverse informazioni, vecchie e nuove, raccolte da ognuno dei quattro componenti del gruppo al soldo del vescovado riminese, le indagini relative ai bambini rapiti si dirigono univocamente verso il Teatro Novelli.
Nel frattempo Padre Bastiano contrae, probabilmente a causa di un raffreddamento, una brutta forma influenzale ed è costretto al letto della Misericordia per qualche giorno, lasciando i tre compagni ad amministrare autonomamente le operazioni di ricerca.
Remigio, “Vipera” ed Ettore quindi, iniziano una lunga e non sempre fruttuosa operazione di osservazione e di raccolta informazioni nei pressi del teatro, ora in fase di ristrutturazione, dopo la recente bonifica dai Morti di tutta la zona litoranea riminese.
E così Remigio si finge un semplice paesano in cerca di elemosina e lavoro, ma viene ripetutamente ignorato, compatito e quasi scacciato dall’ingresso del teatro ad opera di un operaio che lavora all’interno.
Passa così un’altra giornata… infruttuosamente…
La successiva idea del gruppo è di lasciare una lettera sotto l’ingresso del Novelli, inscenando una sorta di ricatto, ricordandosi, a loro volta, della lettera recuperata in quel di S. Giuliano, dove tale Elide Canarecci, suicida, si pentiva di aver fatto parte di una sanguinaria setta, le “Anime Candide”, probabilmente implicata nei rapimenti dei fanciulli; danno appuntamento ai gestori del teatro la sera successiva, nella zona del porto. Purtroppo però i loro antagonisti non cadono nella trappola e mandano al loro posto uno sbandato, un ignaro mendicante, con una busta dove si legge che il gruppo è atteso all’interno del teatro, per appianare ogni richiesta e o divergenza…
I nostri decidono allora, dopo l’ennesima giornata trascorsa, di tentare con un’altra lettera ancora più minacciosa, ma stavolta nessuno si presenta al porto; consci del fatto che ormai le loro minacce sembrano non sortire alcun effetto, Remigio, Ettore e Vito scelgono alla fine la via diretta e in combutta con gli Excubitores e la Militia cittadina decidono di fare arrestare una donna che più volte hanno visto entrare e uscire dal Novelli, probabilmente per fare acquisti di generi alimentari.
Poche ore dopo anche un paio di operai escono alla ricerca della loro compagna e vengono arrestati allo stesso modo. A questo punto, dopo un breve interrogatorio, si capisce che questi sono all’oscuro di tutto e rimandano al “direttore” del teatro, tale Pino Lolli, loro datore di lavoro per le opere di ristrutturazione, probabilmente coinvolto, insieme ai suoi due soci, nei rapimenti dei bambini.
Il Templare e i due Cacciatori di Morti allora decidono di riappropriarsi delle loro vestigia classiche e vogliono entrare direttamente al Novelli, per interrogare il losco direttore.
Qui vengono ricevuti subito da Lolli ma Remigio ed Ettore si accorgono, con la coda dell’occhio, che sono costantemente tenuti sotto tiro da due cecchini appostati mimeticamente su un palchetto al piano superiore del teatro.
Mentre il gruppo sta seguendo il sospettoso direttore nel suo ufficio, questo tenta improvvisamente una rapida fuga, chiudendosi dietro la porta; i cecchini sparano due colpi senza andare a bersaglio e il dinamitardo Ettore sperimenta l’uso delle sue nuove granate a frammentazione: il potente ordigno teutonico centra in pieno il palchetto in legno facendolo esplodere e dilaniando i corpi dei cecchini.
Sfondata la porta, i tre si trovano di fronte ad uno sconvolto Pino Lolli, il quale, piuttosto che consegnarsi nelle mani della giustizia vescovile e o inquisitoriale, pensa bene di togliersi la vita con un colpo di pistola alla tempia.
Nel suo ufficio vengono rinvenuti importanti indizi sulla setta: tre mantelli con cappucci di canapa bianca ed una inequivocabile lettera, datata Novembre 1957, che segnala come luogo di riunione delle “Anime Candide” e di esecuzione di blasfemi, sanguinosi, rituali la Palazzina Venezia del Cimitero di Rimini.
Il gruppo decide, quindi, di dirigersi verso quella zona oscura della città, ancora non bonificata dalla piaga dei Morti, fuori dalle sicure mura cittadine, per proseguire le proprie ricerche e indagini, per mettere fine alla folle, eretica, setta omicida e forse per fare finalmente luce sul destino dei quattro bimbi scomparsi ormai da diversi mesi…

mercoledì 9 febbraio 2011

Quattro partite di stoffa per un drappo

Ingresso della Chiesa di S. Agostino, sede dell'Inquisizione riminese

Antonio Ferracuti nella sua sartoria in centro

Sistemata brillantemente la questione del Ghetto Fabbri, con gli annessi relativi sviluppi anche sulla presa in possesso per la città di Rimini dei monasteri di S. Fortunato e successivamente anche delle Grazie, il gruppo, dopo l’ennesimo titolo piuttosto mendace dell’Agostiniano che, al solito, elogia in maniera più che prolissa quasi esclusivamente l’operato del Sotium Inquisitoris Padre Bastiano e dei “suo” uomini, il gruppo sta in stand by per una quindicina di giorni, durante i quali i due Cacciatori di Morti, Ettore e “vipera” decidono di impegnarsi rispettivamente nella caserma della Sancta Militia e presso gli Excubitores prestando le loro abilità addestrando le giovani reclute ed addestrandosi, a loro volta, all’uso di diversi tipi di arma da fuoco; al contempo il Templare Remigio si diletta nell’apprendimento dell’uso dello scudo, antica tecnica di derivazione arcaica ed oramai desueta, ma sempre efficace, soprattutto in presenza di Morti e altre amenità ambulanti…
Fatto sta che Padre Bastiano viene d’un tratto richiamato in quel di S. Agostino per un colloquio col sommo Magister Pasolini… e ne esce chiamando a raccolta gli altri del gruppo, comunicando loro che è giunto il momento di investigare sui plurimi rapimenti di fanciulli che stanno affliggendo la città ormai da mesi. Superata l’iniziale, consueta e comprensibile diffidenza dei compagni (in particolar modo di Remigio…) e chiarito il fatto che l’incarico passa si dal Magister dell’Inquisizione agostiniana ma che, di fatto, giunge sempre e comunque dai vertici del vescovado riminese, i nostri iniziano ad operare sul campo.
Gli indizi a disposizione sono pochi e confusi: Bastiano infatti spiega che un quarto bimbo risulta rapito, la madre uccisa e il padre, principale sospettato, all’apparenza contadino, ex pregiudicato in fatti minori di eresia, sparito nel nulla; unico indizio un drappo strappato di canapa bianca rinvenuto nell’abitazione luogo dell’ultimo delitto.
Dopo varie ipotesi, ragionamenti più o meno sensati e condivisione più o meno esatta di informazioni recepite, i nostri finalmente si decidono e passano all’azione: pensano prima di esplorare il luogo del delitto, poi di interrogare alcuni vicini di casa e i braccianti che lavoravano con l’uomo sparito insieme al figlio, tale Olimpio Casadei, infine decidono di mandare un controllo fiscale da parte del messo contabile del vescovado all’unico grosso, noto, sarto riminese, tale Antonio Ferracuti, in modo da poter trarre informazioni utili dai suoi registri fiscali in relazione alle partite di canapa confezionate e vendute ultimamente; dopo qualche giorno il risultato di ciò mette i nostri a conoscenza che l’uomo ha venduto regolarmente quattro grosse partite di canapa bianca negli ultimi mesi e precisamente:

- Nel Maggio ’57 per i tendaggi della Misericordia di Via Ducale;
- A Settembre ’57 per decorazioni e vestiti di scena al Teatro Novelli;
- A inizio Gennaio 1958 per nuove vesti dei templari di Castel Sismondo;
- A fine Gennaio ’58 per rinnovare tovaglie e tovaglioli dell’Albergo Aquila d’Oro.

Successivamente Bastiano ha anche convocato l’anziano sarto Ferracuti a S. Agostino per una sorta di consulenza di parte, chiedendogli in sostanza se il drappo in questione fosse riconducibile ad una in particolare delle quattro partite di stoffa confezionate alla sua sartoria; il sarto ha dichiarato che è difficile a dirsi ma che in ogni caso si sentirebbe solo di escludere i tovaglioli e le tovaglie dell’Aquila d’Oro in quanto la canapa usata sembra, secondo l’occhio esperto del sarto, sensibilmente differente dalle altre che, invece, potrebbero tutte essere molto simili al drappo in questione…
I nostri quindi tentano di trarre diverse conclusioni più o meno plausibili e alla fine Remigio pensa di scoprire qualcosa investigando cautamente alla sua Rocca, Ettore si apposta al di fuori del Teatro Novelli mentre Vito tenta di carpire notizie all’Aquila e Bastiano consulta anche l'amico Padre Bruno Pericoli, ormai in servizio stabile alla Misericordia… ma per ora i risultati stanno tardando ad arrivare… i giorni passano e il processo, inevitabilmente, si sta avvicinando…

giovedì 3 febbraio 2011

La propaganda, l’oppressione e l’irruzione

La planimetria del Ghetto Fabbri

Un manifesto nazista presente al Ghetto Fabbri

Il gruppo decide, adottando la tattica pensata dal vulcanico Remigio, di presentarsi al Ghetto Fabbri con un’abbondante scorta di cibo e medicinali, in modo da poter aumentare la propria credibilità agli occhi dei villici.
In prossimità del ghetto si nota subito la robusta palizzata lignea che cinge i confini della zona abitata; giunti ad un ingresso, i nostri superano l’iniziale, comprensibile, diffidenza degli anziani posti alla cancellata.
Una volta penetrati all’interno del ghetto il gruppo si divide: mentre Remigio si fa indicare e si reca subito presso l’abitazione della personalità di maggior influenza del borgo, tale Manlio Fabbri, discendente della famiglia Fabbri che diede il nome, nel secolo scorso, all’agglomerato urbano, Frate Bastiano, Ettore e Vito si recano presso le stalle per aiutare gli anziani abitanti a sistemare le scorte regalate loro e allo stesso tempo, per carpire alcune impressioni e commenti dei popolani in merito ai vicini tedeschi oppressori.
Spicca appeso in ogni muro libero del ghetto un sarcastico manifesto di propaganda nazista risalente al secondo conflitto mondiale, nel quale un soldato della wehrmacht tende “amichevolmente” la mano ai cittadini italiani…
Al gruppo vengono raccontate numerose occasioni di sopruso patite dei vicini tedeschi arroccati nel monastero abbandonato di S. Fortunato: roghi ed esecuzioni sommarie, rastrellamenti, la dissacrazione della chiesetta locale e via dicendo… l’unico elemento a favore degli italici agricoltori pare essere il fatto di poter chiamare con una radio trasmittente i soldati tedeschi in caso di attacco di Morti.
Viene indetta la sera stessa una sorta di piccola assemblea al centro del Ghetto Fabbri. Si discute a lungo, anche perché gli anziani villici, intravedendo finalmente una prospettiva di libertà, vorrebbero immediatamente partire per la città di Rimini e cominciare una nuova vita; i nostri invece premono per la prudenza e riescono a far pazientare i borgatari ancora per un po’, in attesa di aver teso un tranello iniziale ai soldati germanici.
Viene infatti simulata una chiamata di aiuto via radio, il gruppo si apposta nel buio e quando, poco dopo, giungono al borgo due soldati della wehrmacht in Bmw, scatta la trappola: uno viene centrato da un colpo di fucile alla testa, morendo all’istante e l’altro viene prima catturato, poi sadicamente “interrogato” dal Sotium Inquisitoris Bastiano, felice di poter finalmente metter in pratica le proprie arti persuasive… e infine barbaramente ucciso.
Il gruppo ha finalmente ottenuto così importanti informazioni sull’organizzazione dei soldati tedeschi e decide di passare all’attacco: guidano la Bmw fino a S. Fortunato, poi simulano una richiesta d’aiuto in lingua tedesca, grazie alla padronanza linguistica di Ettore e infine partono all’attacco. Lo scontro è cruento, soprattutto per i tedeschi, colti evidentemente di sorpresa; non mancano però le sorprese, come quando due agili Mortuus Ferox accorrono dalla boscaglia più famelici che mai… ma i nostri riescono ad avere ancora la meglio, portando lo scontro fin dentro al monastero.
Qui esplorano rapidamente il luogo un tempo sacro, trovando una grande bandiera nazista e poco altro. In fine scovano i residui soldati e ufficiali tedeschi, barricati dietro alcuni tavoli, organizzati in una disperata difesa: il breve scontro si risolve ad appannaggio dei nostri, grazie all’abilità di tiro dei due cacciatori, alla robusta armatura e al sacro spadone del Templare Remigio e alla letale spada di Padre Bastiano.
Nello scontro purtroppo viene irreparabilmente danneggiata la radio trasmittente tedesca ma vengono anche recuperati alcuni importanti documenti sulla città di Rimini, oltre a numerose armi, munizioni, mezzi, benzina… e, come al solito, la Diocesi di Mons. Valentini ringrazia sentitamente…