Campagna di Sine Requie Anno XIII nel Sanctum Imperium (e non solo) conclusa...
...ma di tanto in tanto si ritorna indietro...

mercoledì 18 aprile 2012

Sangue e croci


Sotto l’ala tecnico-tattica di Fratello Benigno ci si organizza, sia i nostri sia la decina di paesani di Copertino disposti a rischiare tutto pur di liberarsi di quell’infame massacratore blasfemo di Usteboge.
E si comincia quindi, a sera, con i ripetuti agguati..
Il primo alla locanda, quando uno dei conversi del frate si reca al bagno, mutilato repentinamente dallo spadone del templare furibondo; subito dopo il suo sciagurato compare, decapitato dalla fatale lama di Padre Bastiano, solitamente restio alla pugna e più propenso alla diplomazia.. ma qui giustamente chiamato in causa, anche perché il cacciatore Ettore è fuori uso causa grave ferita alla spalla e Fra Fausto non è propriamente un uomo d’armi…
Poi i nostri, seguendo le indicazioni delle loro fidate vedette sparse per Copertino, si aggirano per i bui vicoli del paese, assaltando ignari conversi isolati, attirati con gli stratagemmi più astuti.. fingendosi bisognosi d’aiuto prima.. e decapitandoli subito dopo.. e così, in breve tempo, una decina di uomini dell’Usteboge finiscono facilmente fatti a pezzi.
Ma accade che Fausto, con il suo innato sesto senso, sente che qualcosa forse è accaduto alle loro spalle, alla locanda, dove li attende Ettore, in convalescenza, il quale, fra l’altro, è stato designato dal gruppo come custode del funesto manoscritto ritrovato presso l’abitazione di Cosimiro, il cosiddetto Diario di Eymich, folle libro negromantico scritto in greco antico.
Il gesuita corre alla porta della locanda, entra e subito viene assalito dal defunto locandiere, con evidenti segni di morsi e lacerazioni su tutto il corpo; Fausto, alla sprovvista, tenta di tenere a distanza l’immonda creatura e si affida alla sua fede, pregando il Signore.. e immancabilmente fuoco e fiamme scaturiscono e avvolgono il corpo già martoriato del Mortuus Maior.. ma questo, ormai incurante del dolore, si getta a capofitto sul frate, ustionandolo.. per poi finire completamente disciolto dalle fiamme crescenti, lasciando l’affaticato Fra Fausto con diverse ustioni, anche se non di gravità estrema.
Il gesuita corre di sopra e vede che la porta della stanza di Ettore è a pezzi, così come la sua finestra.. e il cacciatore è steso a terra, nuovamente ferito alla spalla già malandata.
Ma il peggio è subito scongiurato, Ettore è solo svenuto e si rianima subito, grazie agli immediati soccorsi medici operati dal frate.
Egli, però, inquieta il gesuita con il racconto dell’accaduto: una creatura lo ha colto di sorpresa, sfondando la finestra e lo ha colpito con velocità inaudita facendogli subito perdere i sensi.. una creatura da incubo.. probabilmente un morto.. ma di straordinaria forza e agilità.. e con un numero romano stampigliato ai lati della fronte.. ma non si ricorda il numero.. solo alcuni caratteri.. molti brutti ricordi.. e un terribile mal di testa.
Fausto sembra meditabondo e preoccupato sull’accaduto.. non fosse altro che poi, vicino al bancone della locanda, rinviene una macabra croce di sangue, fatta probabilmente dalla mano della bestia omicida, come segno del suo funesto passaggio di morte.
E si ripensa ai famigerati casi similari di cui si ha avuto notizia nel Sanctum Imperium..come a Firenze.. nell’omicidio del Maestro Laffì.. chissà quali oscure coincidenze…
In ogni caso è ancora tempo di agire: il gruppo si ricompatta.. Benigno ha fatto fuori alcuni altri conversi e stima che oramai gli uomini a disposizione dell’Usteboge dovrebbero quasi essere dimezzati.
Inoltre ormai i superstiti conversi hanno finalmente fiutato i tranelli in atto e decidono prudentemente di rintanarsi tutti dentro la chiesa, insieme al loro capo, per organizzare il da farsi e guardare, armi alla mano e ben protetti, che sta accadendo di così terribile per le strade di Copertino.
I conversi vedono, con terrore, l’ultima pantomima ben organizzata dal teatrale Benigno: Bastiano, in un suggestivo gioco di luci ed ombre, si avvicina da lontano, Requiem sonante alla mano, figura inquietante simboleggiante quasi un certo presagio mortuario; contemporaneamente il templare scatta al galoppo di un cavallo bianco, caricando verso la chiesa col suo spadone, per poi deviare all’ultimo.. ma la scena ha l’effetto voluto e i conversi ora probabilmente temono queste due inquietanti figure che li attendono all’esterno…
Ma il piano di Benigno non prevede ulteriori massacri, anche perché affrontare direttamente Usteboge sarebbe un rischio che l’intera popolazione di Copertino di certo si eviterebbe volentieri…
E quindi, organizzati i paesani, Benigno e gli altri si avviano al riposo notturno, stavolta più che meritato.. ma, come era prevedibile, nel cuore della notte, il folle Usteboge, insieme a poco più che un manipolo di uomini rimasti, scappa al galoppo dall’unica porta cittadina, sbaragliando facilmente la strada, anche perché la gente non intende di certo opporsi a lui, ai suoi, seppur pochi, conversi armati e al suo orrendo Requiem,“Vera Fede”…
Ma l’intento dei nostri era appunto di liberare il paese del giogo dell’eretico frate, quindi missione compiuta.. con tanto di ringraziamenti e cori di giubilo da parte del popolo, il quale però chiede molte spiegazioni, soprattutto sulla feroce morte del locandiere…
Il gruppo, rassicurati gli abitanti che presto il Sanctum Imperium invierà loro un contingente degno di Excubitores e almeno un Parroco, si congeda poi da Copertino.
Giunti con facilità a Lecce segnalano subito alle autorità la presunta direzione e posizione di Usteboge, scappato a cavallo e quindi con limitate possibilità di fuga.. anche se si capisce subito che riprendere il frate sarà molto, molto difficile… ma tant’è.
I nostri quindi salgono sul primo treno per Bari, dove giungono con rapidità e dove si recano a colloquiare con il Vescovo, per rendere conto degli esiti molteplici delle indagini svolte fra Nardò e Galatina, di Padre Cosimiro, di Maria, Santo Paolo e tutto il resto…
Padre Bastiano poi si reca anche presso la locale Inquisizione, per rendicontare al suo Ordine privatamente…
Espletate tutte le burocrazie del caso i nostri si dirigono finalmente verso casa, a Rimini, per trascorrere, si spera, qualche settimana in relax, dopo le immani fatiche affrontate di recente.. e con più di un dubbio sui vari collegamenti percepiti su quanto stia loro accadendo intorno.. fra libri maledetti, creature oscure, gente malsana e quant’altro…
ma di certo non tarderanno a partire nuovamente per ulteriori folli imprese.

giovedì 12 aprile 2012

Usteboge imperversa a Copertino

La chiesa di Copertino

Il gruppo, seppur duramente provato nel corpo (vedi Ettore) e nell’anima (vedi Fra Fausto), decide all’unanimità di camuffarsi in abiti il più borghese e civile possibile e di tentare una sortita nei pressi di Copertino, paesino segnalato dalla Death Legion, fra l’altro a caro prezzo, come ultimo attuale rifugio del folle ed eretico Padre Usteboge, reiterato blasfemo, violento e massacratore, ex frate domenicano, ora ricercato per crimini plurimi.
Il carretto maschera a mala pena le voluminose armi a motore di Benigno e Bastiano, ma si sceglie la via di agire sotto copertura, almeno inizialmente, per sondare la gravità della situazione.
I nostri si accorgono subito che alle porte cittadine sono accolti non dai locali Excubitores, ma da due Conversi, dall’aspetto trasandato, male armati ed Ettore scorge sulle loro fronti i segni di piccole croci, marchiate probabilmente a fuoco, segno riconosciuto da Bastiano come l’inequivocabile marchio dei seguaci di Padre Usteboge.
Fratello Benigno blatera poche parole a nome di tutti e si presenta come un pellegrino in cerca d’asilo nel paese; i Conversi non fanno troppe domande e così il gruppo può entrare senza problemi.
Ci si dirige subito verso la prima e unica locanda; per strada alcuni altri Conversi, simili ai primi, probabilmente di ronda.
La locanda è sita sulla piazzetta centrale di Copertino, nei pressi della Chiesa, quest’ultima presidiata da diversi Conversi, probabile luogo d’insediamento dell’eretico Usteboge.
In locanda Benigno inizia subito a sganciare qualche scudo qua e la, tanto per foraggiare un po’ i vari dialoghi col locandiere, il Sig. Marino Rosari.. ma non ottiene chiarezza da un mefistofelico Padre Bastiano, il quale nicchia alle ripetute richieste del Templare sull’ammontare dei danari a disposizione dell’Inquisitore… per tutti un’incognita.
In ogni caso Benigno ottiene che il figlio del locandiere, Peppino, tenga d’occhio il carretto (dove sono stipati tutti gli averi e le armi del gruppo) durante la notte; inoltre si viene a conoscenza della crudeltà e della follia amministrata sin ora a Copertino dal sopraggiunto frate Usteboge.
Il domenicano infatti ha predicato follemente il suo odio contro la Chiesa di Roma e il Papa in numerosi sermoni, sempre attorniato dai Conversi armati che costringevano e incitavano la folla ad applaudire e sostenere le blasfeme idee professate dal frate eretico.
In particolare Usteboge ha in pratica da subito incriminato, imprigionato e poi bruciato sul rogo gli unici tre Excubitore locali, accampando che essi non seguivano la “Vera Fede” (nome, guarda caso, anche del suo rugginoso e inquietante Requiem a motore…); inoltre tiene ai ceppi anche il Parroco, Don Ferdinando, in tragica attesa di giudizio…
Ma ormai è sera e il gruppo, dopo altri conciliaboli e tentativi di dialogo con i presenti (esclusi i fanatici Conversi di Usteboge, sempre nei paraggi) se ne va a nanna, pensieroso sul da farsi.
L’indomani, di buon mattino, ci si sveglia e si nota che altri maneschi Conversi stanno tirando giù il popolo dai rispettivi letti per trascinare tutti in chiesa: si prevede infatti l’ennesima predica del frate domenicano.
E così avviene.. subito Usteboge si presenta, furente, all’altare… ormai molto simile ad una figura partorita da un incubo.. età indefinibile, addosso un logoro saio nero con cappuccio, pallidissimo, occhi enormi e sgranati, sguardo folle, denti marci, capelli lunghi e unti…
E la sua stessa arma a motore, posta su un tavolo al suo fianco, non risulta meno spaventosa: il requiem, chiamato “Vera Fede” risulta attualmente arrugginito e malmesso. Usteboge lo ha ricoperto di scritte incomprensibili, cancellando i salmi che prima lo caratterizzavano. Inoltre l’incuria ha fatto si che la temibile arma, ora, se messa in funzione, emetta un suono acuto, stridulo e molto fastidioso che Usteboge stesso ha definito “il canto della furia di S. Michele Arcangelo”.
Inoltre in molti paesini, dove il frate è passato senza fare una strage, gli abitanti riferiscono che egli abbia fatto toccare agli infermi la sua arma, come fosse una reliquia dotata di poteri curativi, raccontando poi che il suo Requiem altro non è che il corno di Lucifero, caduto dal cielo, che lui usa per combattere Lucifero stesso…

L’eretico domenicano inizialmente fa parlare una testimone, sua seguace, tale Maddalena, che ne tesse le lodi e la santità inconfutabile, descrivendolo come il Salvatore… ma in realtà il gruppo capisce che la donna è in preda a turbe psichiche e che probabilmente il frate ha fatto un ulteriore e ingiustificato massacro per strappare la giovane al suo, seppur tragico, destino di essere lapidata in quanto adultera..
Poi Usteboge inizia a ruggire il suo farneticante, blasfemo sermone: accusa tutta la gerarchia ecclesiastica di perversione, corruzione e satanismo, dal Papa al Santarosa, ai templari tutti, ai falsi inquisitori, definiti laidi e farisei… e via discorrendo in un crescendo di ingiurie e offese continue a tutti coloro che per lui sono solo burattini del demonio… la gente di Copertino, più intimorita che plagiata, lo acclama come un santo, un profeta, un apostolo… anche per non contraddire i violenti Conversi posizionati strategicamente fra la platea…
In fine il folle frate fa portare in chiesa il povero Don Ferdinando, malconcio e malfermo a causa delle molte percosse già subite; egli viene ripetutamente insultato e accusato da Usteboge di aver perso la Fede, la Vera Fede.. e di seguire erroneamente la malefica chiesa di Roma.. e quindi lo condanna, giudicandolo colpevole di ogni accusa e fa subito predisporre una pira per il suo rogo.
I conversi eseguono rapidamente.. la gente è disperata, incredula.. ma impotente.. così come i nostri, inermi di fronte a questo orrore, ma con la rabbia che brucia dentro.. come, purtroppo, brucia il povero e innocente parroco di Copertino, fra i festeggiamenti del folle domenicano e del suo seguito, che esulta e distribuisce dolci alla folla…
Poi tutto torna alla normalità, se così si può dire.. Usteboge si ritira in chiesa, la folla viene dispersa e il gruppo si ricompatta, con intenti belligeranti, o almeno per organizzare qualcosa.
E così Benigno, con la sua oratoria, riesce a prendere contatti con alcuni uomini, fra i più visibilmente afflitti e rabbiosi per quanto accaduto e prende appuntamento per parlare alla locanda anche con Marino Rosari: qui riesce ad organizzare un piccolo gruppo di azione ribelle composto da una decina di uomini fidati e pronti ad agire.
Infatti il templare si rivela e rivela anche l’identità e l’importanza dei suoi compagni, facendo capire che la gente di Copertino non è stata del tutto abbandonata dall’autorità del Sanctum Imperium.
E quindi in breve tempo si iniziano ad organizzare una serie di interventi di guerriglia atti a sabotare e o indebolire le fila dei conversi di Usteboge, per fare in modo che, seppur non si dovesse arrivare ad una vittoria, si riesca almeno ad indebolire il frate fino a farlo andare via da Copertino… o almeno questa sarebbe l’intenzione…

giovedì 5 aprile 2012

Proiettili, fede e fiamme


Il gruppo si divide come preventivato: Benigno e Fausto risalgono in superficie per chiedere spiegazioni fittizie sullo scomparso Don Ferrino, mentre Bastiano ed Ettore restano appostati nei cunicoli per cogliere in fallo eventuali persone coinvolte.
Accade che il templare e il gesuita si recano subito alla chiesa di Nardò, dove li accoglie un sorpreso Don Gualdo: Benigno lo incalza da subito con pressioni, accuse velate e domande scomode, anche se il parroco non sembra scomporsi più di tanto.
La discussione si sposta fino alla botola di accesso ai cunicoli sotterranei presente nella chiesa, ma anche qui il prete locale dichiara di non essere al corrente di nulla di strano che possa avvenire di sotto, nelle vecchie cantine.
Nel frattempo Padre Bastiano ed Ettore sentono dei passi e iniziano a scorgere una fonte di luce in avvicinamento: è frate Cosimiro insieme a un paio di Excubitores armati di doppiette.
Le due fazioni discutono per lunghi minuti e i toni si fanno da subito molto tesi… sembra inizialmente potersi profilare la possibilità di un accordo per una soluzione più diplomatica… ma poi invece salta tutto.. e scoppia la violenza.. infuria un sanguinoso scontro a fuoco, fatto di colpi di Bodeo e doppietta da entrambe le parti e quindi sia Ettore sia i due Excubitores restano gravemente feriti già dopo i primi spari.
Ovviamente, dalla chiesa, Fratello Benigno e Fra Fausto odono da subito il rumore dei colpi e dopo aver inutilmente chiesto spiegazioni ad un esterrefatto Don Gualdo, il templare spalanca la botola e scende nuovamente nei cunicoli, intuendo di dover dare man forte ai suoi compagni.
Benigno si orienta seguendo il rumore dei numerosi colpi… e ben presto giunge sul luogo dello scontro; accende subito il suo temibile Expiator, per attirare l’attenzione su di se.
Poi si apposta dietro un angolo e quando vede avvicinarsi un ignaro Excubitores, ripone l’arma a motore, reputata troppo pericolosa per questo scontro, imbraccia lo spadone templare e lo decapita, sorprendendolo, in un sol colpo.
L’intervento del templare di Frittole è determinante per l’esito dello scontro in quanto i nostri riescono così ad avere la meglio; l’ultima mossa di Cosimiro è la funesta granata incendiaria in dotazione ai francescani, con la quale tenta di incendiare se stesso insieme a Benigno.. ma il templare riporta solo poche ustioni e il frate invece, divenuto una torcia umana, arde vivo in pochi minuti.
Lo scontro è vinto ma Bastiano è rattristato.. probabilmente a causa delle nuove e numerose morti che ha dovuto vedere; Ettore è gravemente ferito ad una spalla e Benigno leggermente ustionato.
Di sopra invece Fausto si fa sfuggire Don Gualdo il quale, dopo l’ennesimo sparo udito, scappa via in preda al panico.
Il gruppo quindi si ricompatta ed esplorando l’ex municipio, dimora di Cosimiro, rinvengono un libro oltremodo ritenuto blasfemo e arcano, rilegato in pelle umana, il famigerato diario del folle inquisitore Eymich, sunto e raccolta delle sue impressioni e dei ragionamenti elucubrati insieme al famigerato negromante greco Lopulayos… fatto per lo più di schemi e disegni.. e note in greco antico su come unire insieme corpi vivi e morti e o parti di essi…collegamento già azzardato dal gruppo, collegamento che forse lega Cosimiro ad Eymich e a chissà chi altri…
Preso in consegna il libro dal Gesuita Fausto (all’apparenza sempre più provato e quasi turbato dai suoi incubi notturni e dalle allucinazioni anche diurne…), Benigno raduna attorno a se gran parte degli abitanti di Nardò e li catechizza spiegando loro la morte di Cosimiro e lo svolgimento dei tragici eventi che ne sono conseguiti; il popolo si fida della figura dell’Adepto e si attiene alle sue disposizioni.
In seguito i nostri radunano le loro cose e ripartono per relazionare dell’accaduto il vescovo di Bari, dirigendo il loro carretto dapprima verso Galatina.
Durante il tragitto Fausto dichiara agli altri di aver “sentito” un pericolo imminente e infatti dalla boscaglia all’improvviso fuoriescono urlanti tre ferox affamati e veloci; Ettore, avvisato, ne crivella uno con la sua doppietta mentre gli altri due non fanno in tempo ad avvicinarsi che ardono inspiegabilmente fra delle fiamme, apparentemente piovute dal cielo… il gruppo poco si interroga quando i “miracoli” sono a loro favore ed anzi Benigno ringrazia apertamente il Signore per questo ennesimo “dono”…
Giunti a Galatina scambiano qualche battuta al “Cavallino Bianco”, poi ripartono, lesti, prossima meta Lecce; a metà strada scorgono un grosso accampamento militare ai margini della strada.
Ettore riconosce subito le tragiche insegne della "Death Legion", banda di Cacciatori di Morti molto nota e famosa per la sua risolutezza e brutalità, sempre al limite del lecito e del consentito...
Invece l’incontro è abbastanza amichevole.. anche se i nostri vedono alcune stranezze in quell’accampamento militare.. una specie di travestito maltrattato e insultato da tutti ed una testa di morto tenuta in bella vista…ma in sostanza il Generale Moore, capo della Legion, vuole scambiare un’informazione col gruppo, ovviamente a pagamento.
I nostri raccolgono una somma abbastanza soddisfacente e oltre a qualche altro interessante baratto, il Generale rivela che in un paese limitrofo, Copertino, pare essersi insediato da qualche giorno a predicare il famigerato Padre Domenico Goffredo Usteboge, Inquisitore eretico, ora scomunicato, ricercato e temuto dalla Chiesa e dall’Inquisizione di tutto in Sanctum Imperium.
E ora che si fa..?