Campagna di Sine Requie Anno XIII nel Sanctum Imperium (e non solo) conclusa...
...ma di tanto in tanto si ritorna indietro...

mercoledì 25 maggio 2011

Vendetta o giustizia ?



Molino d'Era

Michele da Bracciano insieme a Padre Leonardo decidono di recarsi a Villa Gandolfo, dimora del nobile Siniscalchi, per chiedere un incontro e questa volta si presentano nelle loro vesti ufficiali di Templare e Sotium Inquisitoris ma i Probi Viri di guardia alla porta, dopo un breve consulto, dicono che il loro signore sarà lieto di invitare la sera stessa a cena i due religiosi.
Nel frattempo Remigio alias “Benigio da Marrazzo”, Ettore e Bastiano rimangono a colloquiare con alcuni cittadini al Fiasco Rotto.
Giunge sera… mentre Ettore trova riparo ancora una volta presso la canonica di Padre Rederelli, Benigio e Bastiano si rifugiano, pagando una modica somma, a casa di una anziana signora di Molino d’Era, Fratello Michele e il Sotium Rivolta si accingono a presenziare all’invito a cena presso il Siniscalchi.
Qui, accomodandosi in un ampio salone al piano terreno, vengono accolti da alcuni domestici, una tavola imbandita e dopo una ventina di minuti anche dal padrone di casa, il nobile signorotto di Molino d’Era, Lorenzo Siniscalchi, un uomo sui cinquant’anni, alto, magro, con pizzetto, baffi e sul capo un evidente parrucchino nero…
La cena trascorre fra gustose pietanze, ottimo vino toscano di produzione locale e amabili discorsi… ma Fratello Michele non può esimersi dal chiedere al Siniscalchi anche delucidazioni sulle “morti per fuoco”, sulla situazione economica dei suoi braccianti e sui rapporti fra il nobile e il suo popolo… ne esce che il signorotto, pur non rivelando più del dovuto, appare molto preoccupato per la crescente tensione, lo sterminio dei suoi Probi Viri e il malcontento dei cittadini che, secondo lui, potrebbe presto sfociare in atti di violenza nei suoi confronti.. chiede quindi di poter usufruire della stretta protezione dei due religiosi e consegna loro le chiavi di una comoda stanza da letto al piano primo della villa, dove potranno meglio vigilare sulla sua dimora e su di lui.
Ma accade che, nel cuore delle ore notturne, agitazione e grida svegliano i dormienti di Molino d’Era: l’ennesimo Probo Viro (dovrebbe essere questo il singolare di “Probi Viri”, l’ho letto sul sito del Corriere della Sera, spero sia attendibile…) è morto per fuoco.
Quindi la folla si accalca e gli altri pochi Probi Viri di guardia in circolazione, oramai sull’orlo di una crisi di nervi, se la danno a gambe, terrorizzati dalle fiamme divine che sempre più frequentemente si abbattono su di loro…
Padre Rederelli esce dalla chiesa ma le sue invocazioni alla calma e alla preghiera questa volta sono vane: i cittadini, radunatisi in un paio di dozzine, sono inferociti e nella fuga delle brutali guardie del Siniscalchi intravedono finalmente la possibilità di una violenta vendetta… quindi si armano alla buona con arnesi agricoli e iniziano una malintenzionata marcia verso Villa Gandolfo.
In quei 300 m di strada sia Benigio, sia Ettore, sia Bastiano tentano di rabbonire la folla, inutilmente… in testa ai rivoltosi ci sono l’erborista Vitali, l’oste Condotti e l’ex viticoltore Toderi, i popolani forse più vessati, per vari motivi, dal nobile Siniscalchi.
Intanto anche a Villa Gandolfo è il caos: una delle guardie arriva trafelata, urla a tutti dell’ennesima morte per fuoco e quindi anche i pochi Probi Viri rimasti si danno repentinamente alla fuga, correndo all’impazzata in ogni direzione.
Succede quindi che alla villa restano presenti solamente i 4 domestici, Lorenzo Siniscalchi, Fratello Michele e Padre Leonardo: mentre Michele si para di fronte al portone d’ingresso e Leonardo rimane nei paraggi, il nobile e i suoi corrono ai ripari nelle cantine, similmente a topi…
Il linciaggio si profila netto all’orizzonte: è chiaro che, nonostante la folla chieda a gran voce la testa del signorotto, il fatto di trovare inaspettatamente un templare, Michele, alla sua porta, frena l’impeto dei popolani; ma ci vogliono diversi minuti di tensione e dialogo per far si che il popolo abbassi in fine le armi e se ne torni, pur vociante e frustrato, al paese… in ogni caso la questione rimane aperta e la gente chiede giustizia proprio in virtù del fatto di aver trovato un templare, uomo per loro retto e degno di fiducia. Quindi il linciaggio potrebbe essere solo rimandato… ma per il momento il pericolo sembra scemare… anche se i cittadini di Molino d’Era promettono di tornare l’indomani per ottenere la loro giustizia.
Fra l’altro Remigio riesce a parlare nuovamente con l’anziano erborista Vitali il quale, dopo alcune reticenze, lo invita a un colloquio privato nel suo negozio dove, di fatto, confessa il suo coinvolgimento in prima persona nelle morti per fuoco: egli, per vendicarsi della morte della giovane figlia ad opera delle violente bramosie sessuali del Siniscalchi, avvenuta in una vera e propria sala degli orrori e delle torture sita in una stanza della cantina di Villa Gandolfo, ha sfruttato la sua Laurea in Chimica, ottenuta all’Università di Pisa nel 1921, sintetizzando una sostanza da lui ribattezzata “fulminolo” con la quale ha avvelenato a poco a poco gli stomaci dei Probi Viri e dell’Inquisitore Conforti. Tale sostanza è inodore e insapore e con la complicità dell’oste Condotti, è stato facile somministrarla attraverso le pietanza del Fiasco Rotto ai vari malcapitati. Il “fulminolo” è praticamente innocuo se ingerito ma se viene a contatto con anche una sola molecola d’alcol, suo reagente, sprigiona una potentissima fiammata, a più di seimila gradi centigradi, capace di sciogliere quasi completamente un essere umano in una trentina di secondi, a partire dallo stomaco, risparmiando solo la punta delle mani e dei piedi. In questa orribile maniera Vitali e Condotti pensavano di vendicarsi, uccidendo e poi facendo fuggire di terrore le guardie del signorotto per poterlo poi liberamente linciare, insieme agli altri cittadini vessati, per i suoi reiterati misfatti.
Ottenuta questa disperata confessione il gruppo si riunisce a Villa Gandolfo e dopo aver velocemente perquisito la casa (trovando un paio di lettere che sembrano coinvolgere il nobile pure in alcune questioni poco chiare relative ai precedenti delitti del Castello di Rivalta di Rivergaro, nel piacentino… oltre ad una porta sbarrata in cantina dove probabilmente, come indicato dall’erborista Vitali, il signorotto nasconde una sorta di sala delle torture…) anche Fratello Remigio e Padre Bastiano, oltre che Ettore, si presentano al terrorizzato padrone di casa per ciò che sono.
Il Siniscalchi, però, sembra tornare presto spavaldo: la gente che voleva la sua testa per ora è andata via, lui è salvo ed ha la protezione di 2 Templari, 2 Soci Inquisitori e un Cacciatore di Morti direttamente a casa sua.
Fratello Remigio fa allora notare al Siniscalchi alcune delicate questioni: il popolo tornerà presto a reclamarlo, lui pare essere coinvolto in diverse azioni delittuose descritte nelle lettere trovate in camera sua, inoltre diversi cittadini hanno detto più volte di aver subito violenze sessuali, soprusi e abusi di ogni genere… in pratica descrive diversi pesanti possibili capi d’accusa nei suoi confronti.
Al che Lorenzo Siniscalchi ricorda brutalmente ai suoi interlocutori che lui è pur sempre un nobile proveniente da Roma ed ha notevoli conoscenze e protezioni ai vertici ecclesiastici della capitale… inoltre pone addirittura la velata minaccia di poter interferire negativamente in un’eventuale ipotesi di promozione nelle carriere dei Templari e dei Soci Inquisitori presenti…
Questi sono i fatti, ora cominciano i dubbi… e i nostri discutono fra loro sul da farsi.
Da un lato Fratello Michele sarebbe piuttosto propenso, ispirato dai suoi ideali di Giustizia, furiosamente sdegnato dai delitti e dalle molteplici colpe peccaminose del signore di Molino d’Era, a lasciare il Siniscalchi direttamente nelle mani dei suoi vessati cittadini, al loro scontato giudizio nonché alla loro quasi certa ira funesta che porterebbe molto probabilmente al linciaggio e alla morte del nobile.
Fratello Remigio invece, seppur incurante delle minacce alla carriera poste del signorotto, si dichiara più incline a portare comunque il Siniscalchi davanti ad un legittimo tribunale, presumibilmente a Siena, dove il Vescovo e\o gli Inquisitori locali sarebbero di certo ben lieti di giudicare un tale criminale e peccatore incallito, a fronte delle schiaccianti prove e testimonianze fornite… il problema, che rende di fatto l’esito di un eventuale processo assolutamente non scontato, sono le conclamate conoscenze altolocate del Siniscalchi le quali, forse, potrebbero addirittura lasciare impunito il nobile, agendo invece nei confronti degli sfortunati paesani, colpevoli, come nel caso di Vitali, dell’omicidio, per avvelenamento da “fulminolo”, di Probi Viri e ancor peggio, di un membro della Santa Inquisizione… ma, del resto, tutti conosciamo benissimo in che modo, a volte, venga fatta rispettare la Legge e la cosiddetta “giustizia” all’interno dei nobili e magnifici confini del Sanctum Imperium…

Villa Gandolfo

venerdì 20 maggio 2011

Considerazioni


In queste sere, in momentanea pausa dal servizio elettorale, ho avuto qualche ora di tempo da dividere equamente fra il portare avanti l'attuale avventura di Molino d'Era (ogni volta devo rileggermela in quanto x la maggior parte sono dialoghi che devo imparare e vi devo far fare...), leggermi la prossima avventura che vi proporrò (una luuunga campagna incasinatissima ambientata in diverse aree dell'Imperium centrale...) e inevitabilmente iniziare a leggere gli ultimi3 manuali del Soviet...

A tal proposito mi sento di fare, insieme a voi amici-PG, alcune considerazioni in merito a tutto ciò:

1. Avrete di certo notato che nelle ultime avventure, a differenza di quel che accadeva in quel di Rimini, si combatte di meno e ci si deve ingegnare di più... dialoghi , ragionamenti... e la forza bruta non sempre aiuta, anzi.. lo avete visto... a me questo tipo di quest prevalentemente investigative piace parecchio... e poi ogni tanto una bella rissa ci scappa sempre, anche se i Morti, magari, li vedete solo da lontano, a volte... ma voi giocatori che ne dite..?

2. Riguardo invece all'ambientazione... diciamo che io ancora considero l'Imperium forse l'ambientazione preferita, la conosciamo bene, con quelle sue atmosfere miste fra "Il nome della rosa" e "Roma città aperta", direi... ma non nascondo che leggendo il Soviet mi si è aperto un orizzonte nuovo..! Ed anzi, forse, mi ha impressionato anche più del pur affascinante IV Reich, anche perchè del Soviet ho potuto leggere subito anche 4 belle avventure pullulanti di pazzia, perversioni, ingiustizia e violenza a go go.. mentre x la Germania attualmente ce ne sono di meno... il problema è, come già vi anticipavo martedì scorso, come cazzo fare, in prospettiva futura, a portare i vostri frati templari e inquisitori nel Reich..? Per non parlare delle città alveare sotterranee del Soviet, dove tutti i cittadini russi sono numerati e schedati, controllati dal grande Dio-Macchina-Comunista-Calcolatore Z.A.R.... Forse l'unico aggancio per i vostri attuali PG potrebbe essere un'esplorazione delle Terre Perdute (manuale in prossima uscita) Francia, Spagna e Gran Bretagna, in quanto l'Imperium arriva fino a Marsiglia, al confine francese, e i territori d'oltralpe sono brulicanti di Morti e di Ribelli, senza una precisa forma di Governo... quindi potreste riuscire, o forse essere costretti, a passare il confine x una qualche missione datavi da un vertice dell'Imperium, ecc. Ma invece x Russia e Germania non saprei proprio come farvi continuare coi vostri attuali PG... E dovreste rifarne di nuovi, probabilmente... sull'Egitto e sugli U.S.A poi non mi pronuncio neanche, anche perchè ancora non si parla nemmeno dei manuali... ed anche su questo argomento chiederei il vostro parere...

Saluti, a martedì prossimo,
g

mercoledì 18 maggio 2011

Carne al fuoco

Uno scorcio di Molino d'Era

Una mattina di metà Maggio del 1958, il gruppo parte così da Siena in direzione Molino d’Era. Succede che dopo un paio di dozzine di km scorgono a bordo strada 2 autocarri e delle persone; avvicinandosi notano che 3-4 sono armati, probabilmente Cacciatori, mentre i restanti 8-9 sono dei frati francescani. In particolare uno di loro sembra riconoscere Fratello Remigio (anche se camuffato, come anche gli altri del gruppo, con abiti civili e con documenti di identità falsi… il suo nome, piuttosto bizzarro, ora è “Benigio da Marrazzo”…) e lo saluta; dopo qualche incertezza anche Benigio riesce a ricordarsi del viso, ora molto cambiato, di quell’uomo…
Si decide di dare una mano ai frati, i quali hanno un mezzo in panne; i nostri e il frate, tale Padre Matteo, ripercorrono indietro i km fino a Siena dove reclutano un meccanico da portare sul posto; nel frattempo Benigio e frate Matteo passano un paio d’ore a colloquiare privatamente…
Poi si riparte verso Molino d’Era; i nostri giungono al piccolo borgo toscano verso metà pomeriggio.
Qui non hanno difficoltà a varcare la piccola stazione del dazio e la situazione di primo acchito sembra molto vicina alla normale routine; se non fosse per un particolare che non sfugge agli occhi di lince di Ettore Zonzini… il Cacciatore romagnolo, infatti, nota che in questo piccolo centro abitato la stragrande maggioranza delle donne e ragazze che si vedono sono vestite in maniera evidentemente e marcatamente sciatta e dimessa e sembrano rifuggire ogni sguardo…
In ogni caso i nostri proseguono e giungono sino all’unica locanda presente, “Il Fiasco Rotto”: qui conoscono l’oste, Michele Condotti, il quale, seppur giovale alla tipica maniera toscana, propone pasti, bevande e alloggi a prezzi molto, molto alti.
Lasciato il costoso luogo di ristoro il gruppo pensa bene di andare a visitare la vicina chiesa di Santa Genoveffa: qui colloquiano amabilmente con Padre Franco Rederelli, un giovane e servile curato che offre untuosamente loro pane, vino, formaggio e si propone di farli alloggiare, almeno per questa notte, in una stanza di servizio della chiesa. Dal sacerdote non apprendono niente di particolare, se non lodi al loro influente benefattore, il nobile Lorenzo Siniscalchi, amministratore di Molino d’Era…
Giunta ormai la sera il gruppo decide di tornare al Fiasco Rotto: questa volta pagano una salata bottiglia del rinomato vino del posto, imbottigliato direttamente dalle fruttuose vigne toscane di proprietà del Siniscalchi.
Benigio, nonostante la sua più volte sbandierata castità (…e impotenza…), tenta, solo strategicamente, di attirare l’attenzione della giovane cameriera, probabilmente compagna dell’oste, ma ella, apparentemente triste, trasandata e mal vestita, si ritrae rapidamente da occhiate e fuggevoli attenzioni; inoltre Ettore scorge che mentre i prezzi del Condotti sono elevati per i forestieri, evidentemente per i Probi Viri locali, ossia le guardie del paese al soldo del Siniscalchi, i prezzi sono notevolmente più modici, del tipo di pochi scudi a testa per una cena…mah…
Fatto sta che all’improvviso accade l’imprevedibile: un gruppo di Probi Viri esce dal Fiasco e dopo pochi passi, uno di loro si accascia dolorante al suolo, poi nero fumo fuoriesce dalla sua bocca urlante e dal suo naso; in poche decine di secondi un’alta fiammata sembra divorare l’uomo, lasciando sul posto solo le punte delle mani e dei suoi piedi… e subito Molino d’Era cade nella paura, nel panico e nella superstizione.
Gli altri Probi Viri tentano di mantenere l’ordine, riuscendoci solo parzialmente, visibilmente scossi anche loro; i cittadini toscani iniziano a farsi il segno della croce e a ciarlare nel loro dialetto sulle folgori lanciate dal Signore sui peccatori del paese; Padre Rederelli accorre dalla chiesa e invita tutti alla preghiera e al pentimento… nel caos che ne esce Bastiano ne approfitta per usare le sua arti oratorie interrogando uno dei paesani: apprende che quello è l’ultimo di una lunga lista di morti per fuoco, altre guardie ed anche un inquisitore e i suoi conversi. Ma il popolano sembra essere conscio e sollevato dal fatto che sin ora i fuochi non hanno mai colpito cittadini innocenti ma solo le guardie, uomini violenti e corrotti e l’inquisitore mandato da Roma ad investigare, un uomo fanatico che non fece altro che mandare al rogo 2 innocenti del paese, per poi morire lui stesso atrocemente per fuoco durante la celebrazione di una messa nella piazza del paese, Piazza San Rocco.
I nostri iniziano a sospettare che le morti per fuoco siano dovute a un qualche tipo di sostanza forse disciolta nel famigerato vino di Molino d’Era.
Benigio e Bastiano si recano a colloquio all’Erboristeria Vitali, per sentire che ne pensa il suo titolare: qui conoscono l’anziano erborista Lanfranco Vitali il quale parla apertamente e non nasconde il suo odio per il tiranno Siniscalchi, definendolo un disonesto e un pervertito che ama fare abusi sulle donne del paese e resta impunito; racconta che anche la moglie dell’oste Condotti, Laura, ha subito le “attenzioni” del Siniscalchi… racconta che anche lui stesso ha avuto problemi col nobile… e che tutt’ora egli lascia sempre un uomo armato per sorvegliare l’uscio della sue erboristeria…
Nel frattempo Ettore, Michele e Padre Rivolta vanno a colloquiare con alcuni Probi Viri e alcuni lavoratori delle limitrofe vigne alla porta di Villa Gandolfo, la residenza del Siniscalchi, apprendendo che, mentre la paga per le guardie è buona, quella per i braccianti che lavorano le vigne del nobile è nettamente sotto la media, lasciando i popolani in una situazione di palese indigenza e di sfruttamento; inoltre, in un attimo di distrazione dei Probi Viri, un lavoratore, tale Francesco Toderi, invita i nostri a casa sua, per alcuni chiarimenti in merito…
Il gruppo deduce quindi che a Molino d’Era vi siano schierate due fazioni in opposizione: da una parte il tiranno Siniscalchi e i suoi violenti Probi Viri, dall’altra qualcuno dei cittadini che probabilmente sta tentando una vendetta, uccidendo ad una ad una le guardie del nobile perverso…
I nostri quindi non mancano l’appuntamento col Toderi, offrendogli anche una buona e costosa bottiglia del vino che lui stesso produce, per Siniscalchi, in condizione di sfruttamento: il Toderi rivela di essere stato un ricco proprietario terriero, poi espropriato a forza dalla prepotenza del Siniscalchi… conferma le precedenti morti per fuoco dei Probi Viri, la morte dell’inquisitore e dei suoi conversi (uno dei quali, fuggiasco, è poi morto in una stazione del dazio in quel di Orvieto…); conferma anche che l’indagine dell’inquisitore è stata fallimentare in quanto ha mandato al rogo 2 palesi innocenti cittadini… inoltre aggiunge che l’erborista è stato forse il più vessato dalla bramosia del perverso Siniscalchi in quanto pare che sia stata da lui violentata e forse uccisa la sua unica figlia 19enne, Elena Vitali…
Tanti elementi per una sola indagine, ma come si suol dire… non sempre è buona cosa mettere troppa “carne al fuoco”…
La locanda "Il Fiasco Rotto"

mercoledì 11 maggio 2011

Innocenti evasioni

Mappa storica di Siena

I due templari, Remigio e Michele, danno inizio al loro piano: in accordo con l’oste Gazzola, fanno adulterare le vivande degli uomini di guardia per assopirli, poi, indossati i vestiti delle guardie per un minimo camuffamento, tentano la sortita all’interno del castello di Rivalta.
Così si intrufolano nei meandri del maniero e senza troppi problemi giungono fino alle segrete del piano interrato; qui dialogano con il capoposto carceriere e poi, individuate le celle coi loro tre compagni rinchiusi, Ettore, Bastiano e Leonardo, i quali indossano come tutti gli altri detenuti delle divise, minacciano apertamente l’esterrefatto uomo per farsi cedere tutte le sue preziose chiavi.
Liberati i malridotti compagni, a causa delle numerose percosse ricevute durate gli interrogatori e indicata loro la strada per uscire dall’opprimente castello attraverso il canale di scolo delle latrine (come suggerito dal buon Alessandro Gazzola) i due templari ritrovano anche l’equipaggiamento perduto, rinchiuso in un armadio adiacente alla scrivania del carceriere; Bastiano però chiede loro di liberare subito anche uno dei prigionieri, suo vicino di cella, Donato Alberici. Costui, all’apparenza molto provato nel fisico e nell’animo, probabilmente quasi sull’orlo della follia, dice a gran voce di essere l’ultimo dei veri domenicani rimasto in vita, gli altri sono stati tutti uccisi da atroci esperimenti e sostituiti da falsi frati… il responsabile è Padre Pietrosanti, un pazzo fanatico, ex domenicano, che vuole a tutti i costi scoprire i segreti del Risveglio dei Morti… tutti i prigionieri sono cavie per lui.. e poi toccherà ai popolani di Rivalta e poi Dio solo sa a chi…tutti vengono uccisi in modo sperimentale, studiati e poi gettati nel Pozzo del Taglio, all’interno della Torre cilindrica del castello, dove si stanno ammassando decine di Morti… ma all’inizio non era così… Alberici faceva parte della spedizione iniziale dei veri domenicani, inviati da Frate Agostino Monteruccoli, influente membro del Capitolo Generale dei Domenicani di Roma, per condurre studi sui Morti per potersi meglio difendere da loro… poi però il Pietrosanti ha preso follemente in mano la situazione, facendo studi di diversa natura, sul Risveglio dei Morti, usando i frati come cavie umane, uccidendoli tutti tranne Alberici, che usa come finto tramite per fare corrispondenza con Monteruccoli e salvare le apparenze… il Pietrosanti ha quindi sostituito i domenicani uccisi con falsi frati rinnegati al suo servizio e con un branco di uomini armati violenti e senza scrupoli… almeno questo è all’incirca quel che dichiara il malconcio frate Alberici… il quale viene aiutato da Bastiano ad uscire del castello di Rivalta.
A Remigio e Michele ora non resta che scovare qualche prova tangibile da riportare al cospetto del loro mandante al servizio della Chiesa di Roma, il “mercante” Francesco Montini.
Quindi pensano di creare un bel po’ di caos nel maniero liberando ed armando alla meglio i detenuti; in seguito nella confusione e nelle guerriglia più totale, i due templari riescono ad esplorare un paio di stanza al piano terra, fra le quali quella che pare essere l’ufficio di frate Pietrosanti: qui rinvengono alcuni oggetti che potrebbero fare al caso loro, un faldone d’archivio con la descrizione delle varie tipologie di torture e di morti inflitte ai prigionieri oltre ad un paio di lettere più o meno interessanti e utili come prove…
Ritenendosi soddisfatti e badando forse maggiormente a salvare la pelle che a reperire ulteriori documenti e prove utili, anche i due templari pensano di darsi alla fuga per le fogne…
E così, tutti fuori, tutti salvi, a parte lo sfortunato oste Gazzola, “dimenticato” dentro il folle maniero nonostante l’aiuto fornito… e a parte tutti gli altri inermi e innocenti popolani… ma lo scopo era trovare prove.. e queste vengono fornite, tornando nel piacentino, alla locanda Nino Bixio, al Montini, che si ritiene soddisfatto, paga e lascia liberi i nostri che tornano a Rimini col primo treno.
Qui passa qualche settimana, il gruppo si addestra e presta servizio ai rispettivi ordini monastici e poi, come di consueto giunge l’ennesima chiamata di Mons. Valentini: il vescovo è stato nuovamente contattato dal Montini che richiede le indagini del gruppo per risolvere un arcano in quel di Siena, appuntamento al Palazzo del Mangia per ulteriori delucidazioni.
E così si riparte, si giunge a Siena e ci si incontra col “mercante” Montini: il problema questa volta riguarda un paesino sito tra Siena e Volterra, Molino d’Era.
Qui alcuni abitanti sono morti “per fuoco” bruciando improvvisamente e orribilmente in pochissimo tempo, come per autocombustione (…o per punizione divina…); una prima indagine era stata affidata ad un giovane inquisitore, Padre Giuseppe Conforti… ma dopo che anche lui e i suoi uomini sono morti tra le fiamme il paese di Molino d’Era è sull’orlo del panico e del delirio più completo. Quindi urge un’ulteriore indagine, questa volta meglio se in incognito, visti i precedenti, per salvare le anime (e i corpi…) di quella povera gente da qualunque cosa le stia minacciando.

Siena: Palazzo del Mangia

mercoledì 4 maggio 2011

Fra ordinanze e percosse

Il Castello di Rivalta di Rivergaro - a destra la torre cilindrica

Il gruppo decide, sempre sotto parziale copertura, di iniziare le indagini recandosi all’unica taverna di Rivalta, “Il ristoro del pellegrino”.
Qui ottiene alcune informazioni dai pochi, timorosi, popolani presenti, poi, dopo circa un’oretta, fanno irruzione alla locanda un folto gruppo di uomini armati che si professano guardie al servizio di Frate Pietrosanti, il domenicano che amministra il borgo: gli armigeri fanno qualche domanda ai forestieri poi, chiedono fermamente la consegna di eventuali armi da loro trasportate, per il rispetto della quiete, come da recente ordinanza redatta dal Pietrosanti…
Al che Remigio e Michele, in abiti civili, dichiarano di essere disarmati e non creano problemi; Bastiano e Leonardo consegnano dopo qualche tentennamento una pistola e una spada mentre il Cacciatore Zonzini si ostina a non voler consegnare le sue pistole e le granate alle quali è cos’ affezionato…
Vista l’insistenza delle guardie, Ettore chiede allora di poter lasciare Rivalta ma queste, sogghignando palesemente, ringhiano che Padre Pietrosanti ha da poco pubblicato proprio un’ordinanza che vieta ai forestieri, d’ora in poi, di lasciare il borgo…
E così il nostro Cacciatore perde le staffe e tenta prima un’improbabile fuga verso il cortile interno, poi, attorniato da una decina di guardie armate che lo puntano con fucili e pistole, armeggia con una granata per un’ultima, poco convinta, minaccia di far esplodere tutto e tutti: poco dopo però si rende conto della situazione e si arrende, le guardie lo bloccano, lo disarmano e lo trascinano a forza nella parte più interna del castello di Rivalta, sotto gli occhi rassegnati dei popolani e dei suoi compagni…
In seguito, mentre Remigio continua la sua imperterrita opera di stesura delle indagini coinvolgendo, oltre ai soliti popolani anche la figura dell’oste, a quanto pare un ex militare, ex Cacciatore, tale Alessandro Gazzola, Bastiano e Leonardo incontrano in taverna uno dei domenicani che prestano servizio nella parte interna del castello: costui, Frate Domenico Morelli, appare scontroso e indisponente da sobrio ma, se opportunamente assecondato con vino e altri alcolici, diventa un po’ più loquace… e pare farfugliare frasi confuse relativamente al fatto che lui sarebbe stato “cacciato”, che la Morte non va “disturbata” … ed alla presenza di un ipotetico “pozzo” all’interno del castello dove qualcosa di pericoloso potrebbe “uscire” e “divorare”…
Mentre Bastiano e Leonardo tentano di fare tesoro di queste strane informazioni, però, viene anche per loro il momento della cattura da parte delle guardie, forse, suppongono, per dichiarazioni avvenute sotto interrogatorio del loro compagno Ettore…
Ed anche i due frati spariscono così all’interno della parte di castello proibita ai popolani di Rivalta… forse andando a raggiungere il loro compagno Ettore, ovunque lui sia finito... probabilmente fra buie stanze, reiterate percosse e oscuri, violenti, interrogatori...
Al di qua della parte proibita, forse ancora liberi da ogni sospetto, restano i soli Remigio e Michele, templari in incognito, disarmati…
Alla fine decidono di rivelare la loro identità templare ad alcuni popolani più in confidenza e all’oste Gazzola, sperando in ultimo tentativo di aiuto, per uscire indenni dal claustrofobico borgo, liberare i compagni spariti nei meandri dell’edificio e trovare qualche prova palese delle stranezze e dei misteri di questo luogo così austero…