Campagna di Sine Requie Anno XIII nel Sanctum Imperium (e non solo) conclusa...
...ma di tanto in tanto si ritorna indietro...

mercoledì 1 giugno 2011

Il nobile, l’eretico,il bordello

Monteriggioni

Alla fine il gruppo opta per scortare il Siniscalchi, di nascosto, a Siena, da un lato per salvarlo dall’imminente linciaggio e dall’altro per poterlo consegnare alle autorità ecclesiastiche, nel bene e nel male…
Così, con un abile stratagemma, i nostri riescono ad uscire dal borgo di Molino d’Era, senza destare troppi sospetti, lasciando lettere dei loro intenti da consegnare l’indomani all’erborista, al parroco e all’oste, per avvisarli che presto, probabilmente, l’inquisizione verrà in paese a chiedere spiegazioni della morte di frate Conforti…
In ogni caso il gruppo sceglie di agire secondo il protocollo e le regole della giustizia del Sanctum Inperium e si avvia verso Siena.
Giunti in prossimità di Monteriggioni accade che Ettore, al volante, commette un errore, forse dovuto al sonno, alla strada o al fatto che non è certo quello che si può definire un autista eccellente e finisce con 2 ruote dell’autocarro in un fosso a bordo strada.
Mentre Michele e Remigio tentano in ripristino del mezzo, Padre Rivolta tiene d’occhio uno scocciato Siniscalchi e Bastiano scorge a una sessantina di metri delle luci: sono un gruppo di 7 persone, guidati da una donna. Costoro, dopo aver aiutato i templari a rimettere in carreggiata il mezzo, rivelano che si stanno recando alla piazza di Monteriggioni in quanto gira voce che un santo predicatore sia giunto nel paese…
Il gruppo tuttavia pensa bene di dirigersi prima verso Siena e poi chissà…
L’arrivo in città avviene a notte fonda e tutti si va a nanna; l’indomani Remigio e Bastiano si recano in quel di Palazzo del Mangia per incontrare il Montini e renderlo edotto di tutti i fatti accaduti a Molino d’Era. Il Montini è perplesso dello sviluppo degli eventi e sebbene creda alla testimonianza del gruppo e non abbia dubbi sulla probabile colpevolezza del Siniscalchi crede anche che a Siena il signorotto possa godere di ampi poteri, conoscenze e protezione, quindi consiglia di consegnarlo comunque al Magister dell’Inquisizione, personaggio comunque molto conosciuto dal nobile… in ogni caso, anche se il Siniscalchi forse non verrà incriminato le prove portate alla luce dal gruppo sono molto utili per proseguire indagini e collegamenti fra quanto accaduto a Molino d’Era e a Rivalta di Rivergaro e forse si potrà arrivare ad una svolta… il Montini infine ringrazia il gruppo, lo paga e lo scioglie dall’incarico.
I nostri quindi pensano, prima di tornare a Rimini, di fare una capatina a Monteriggioni per vedere questo presunto famigerato santo predicatore di cui hanno sentito parlare la notte precedente.
Impiegano in pratica 2 giorni ad arrivare, causa rotture del camion, riparazioni, incidenti e scocciature varie che li affliggono incessantemente…
A Monteriggioni notano che una trentina di persone sono raccolte nella piazza centrale, di fronte alla chiesa: si vocifera che un sant’uomo stia per tenere l’ennesima arringa di fede… si vocifera che il Santo Usteboge sia qui. Al che nelle menti dei nostri balenano le informazioni e i ricordi relativi a questo controverso frate domenicano.

Padre Domenico Goffredo Usteboge è un Inquisitore eretico, ora scomunicato, ricercato e temuto dalla Chiesa e dall’Inquisizione, in passato è stato uno dei più zelanti inquisitori del tribunale del Santo Uffizio. Si è distinto inizialmente per una totale e talvolta eccessiva devozione alla causa. Si è reso celebre per l’opera di annientamento di uno sperduto e ora dimenticato paesino del sud Italia, da lui accusato di essere focolaio di eresia: da solo, armato della “sua fede” e del suo temibile Requiem a motore, senza nessun converso al seguito, ha fatto una carneficina in nome di Dio, facendo a pezzi ogni abitante, compresi bambini, donne, anziani ed anche gli increduli Padri (semplice, castigatore e novellatore).
Ha scritto anche un libro, ora ritenuto blasfemo, il “De Malo Eterno Peccatoris” (Sull’Eterno Male Del Peccatore).
Dopo la pubblicazione del suo libro Usteboge fu visto non di buon occhio dalle alte sfere ecclesiastiche in quanto era palese che il frate era diventato un folle, fanatico, violento assassino, ormai irrimediabilmente lontano dai dettami della Chiesa.
Inoltre, dai suoi rapporti, inviati sempre più sporadicamente alle sedi dell’Inquisizione e al Cardinale Emanuele da Salerno, suo superiore, era chiaro che i giudizi espressi dal frate erano completamente sconclusionati e volti sempre e solo all’uccisione dei vari, malcapitati, imputati dei suoi tribunali inquisitori.
Tutto ciò, unito al fatto che molti altri borghi campani furono “purgati” da padre Usteboge nei mesi a seguire, oltre che, nelle ultime sue lettere al Cardinale Emanuele da Salerno, il frate si firmava con il pretestuoso e blasfemo appellativo di “Santo”, fece si che padre Goffredo, dopo molti richiami ufficiali, anche da parte del Cardinale Santarosa in persona, mai presi in considerazione, il Papa stesso si vide costretto ad emanare la scomunica nei confronti di Usteboge.
Ora il frate eretico è forse il ricercato n°1 del Sanctum Imperium, nessuno sa dove si trovi attualmente ma vi sono stati molti avvistamenti in tutta la penisola: il visionario e folle frate viaggia e predica le sue eresie insieme a un folto gruppo di sbandati che egli chiama “Conversi” ma che in realtà sono solo un gruppo di criminali, violenti ed armati, devoti all’ex inquisitore, probabilmente affascinati dalle sue confuse parole, dalla sua sua visione folle della fede e della salvezza che prevede l’annientamento persino del Santarosa e del Papa stesso, ritenuto l’anticristo…
Usteboge ormai è molto simile ad una figura partorita da un incubo: età indefinibile, addosso un logoro saio nero con cappuccio, pallidissimo, occhi enormi e sgranati, sguardo folle, denti marci, capelli lunghi e unti…
Ed anche la sua stessa arma a motore, anzi, è oggetto di leggende: il requiem, chiamato “Vera Fede” risulta attualmente arrugginito e malmesso. Usteboge lo ha ricoperto di scritte incomprensibili, cancellando i salmi che prima lo caratterizzavano. Inoltre l’incuria ha fatto si che la temibile arma, ora, se messa in funzione, emetta un suono acuto, stridulo e molto fastidioso che Usteboge stesso ha definito “il canto della furia di S. Michele Arcangelo”.
Inoltre in molti paesini, dove il frate è passato senza fare una strage, gli abitanti riferiscono che egli abbia fatto toccare agli infermi la sua arma, come fosse una reliquia dotata di poteri curativi, raccontando poi che il suo Requiem altro non è che il corno di Lucifero, caduto dal cielo, che lui usa per combattere Lucifero stesso…

L’eretico domenicano esce come un tempesta dal portone della chiesa di Monteriggioni e circondato dai suoi uomini, inizia a ruggire il suo farneticante, blasfemo sermone: accusa tutta la gerarchia ecclesiastica di perversione, corruzione e satanismo, dal Papa al Santarosa, ai templari tutti, ai falsi inquisitori, definiti laidi e farisei… e via discorrendo in un crescendo di ingiurie e offese continue a tutti coloro che per lui sono solo burattini del demonio… la gente del paese, intimorita e o plagiata, lo acclama come un santo, un profeta, un apostolo… Fratello Remigio, sentendo tali bestemmie, a stento si trattiene, valutando la netta superiorità bellica del frate e dei suoi uomini armati di tutto punto… e alla fine il folle eretico sale sul suo cavallo nero e insieme ai suoi se ne va via al galoppo, probabilmente verso l’ennesimo piccolo borgo da plagiare o, al limite, da distruggere e purificare secondo i canoni della sua “Vera Fede”…
Quindi il gruppo se ne torna a Siena, per riferire tale funesto incontro sia al Montini sia alla locale inquisizione che, però, ne prende atto apparentemente senza agire con celerità, fra lo sconforto e l’incredulità di Padre Bastiano il quale si immaginava il ricercato n°1 del Sanctum Imperium ad un passo dall’essere catturato… evidentemente ci sono altre priorità, oppure si è valutata la difficoltà di prevedere in maniera attendibile dove potesse essere diretto il sanguinario frate Usteboge.
Così i nostri salgono sul primo treno per Rimini.
Qui trascorrono circa tre settimane di routine e poi, come spesso di recente avviene, si verifica la chiamata del Vescovo Mons. Valentini: il religioso spiega che è richiesto l’ennesimo intervento del gruppo in toscana, questa volta in quel del suo capoluogo, Firenze.
Qui i nostri si dovranno incontrare, allo Spedale degli Innocenti, con il celeberrimo, sommo, frate Bastiano Ardizzone, il cosiddetto “Inquisitore di Firenze” in quanto, per la sua veneranda età e per i suoi malanni fisici, gli è permesso di risiedere stabilmente nel capoluogo toscano.
Il Valentini accenna vagamente alle motivazioni del loro incarico, dicendo che sarà l’Ardizzone a scendere nei dettagli ma che in ogni caso si tratta di questioni piuttosto peccaminose e oscene che pare si stiano verificando nel centro di Firenze…
Nel dubbio i nostri, come sempre, accettano di buon grado e decidono di partire sul primo treno per Firenze, questa volta, addirittura, con viaggio spesato dal loro novello datore di lavoro…
Giungono quindi, senza intoppi, alla stazione di Santa Maria Novella e pagato il dazio, si dirigono allo Spedale degli Innocenti dove li accoglie una suora del locale Convento delle Clarisse per annunciarli a Padre Ardizzone.
L’anziano domenicano li riceve nella sua austera stanza, praticamente una sorta di spoglia cella: posata sul tavolo la copia del Malleus Maleficarum che stava leggendo, fatto baciare l’anello ai presenti, li accoglie, li saluta e li fa accomodare, per quanto possibile…
Spiega che nel centro di Firenze pare sia presente una casa di malaffare, di piacere: qui numerose meretrici di ogni età insieme a uomini rispettabili si incontrano per fornicare senza timore di Dio e quel che è peggio è che pare che fra i clienti abituali vi sia anche un uomo di fede, un parroco, Don Lucio Ferretti, il Padre Novellatore di Santo Spirito.
Il compito del gruppo, dunque, è semplice: fare una sorta di irruzione nella casa, coadiuvati dalla Portavoce degli Excubitores fiorentina, Iolanda d’Aquino e alcuni dei suoi uomini, per cogliere quanti più clienti sul fatto e in particolar modo il sacerdote, per poi arrestare tutti, uomini e donne e portarli al cospetto di frate Ardizzone per un approfondito interrogatorio inquisitoriale…
Don Ferretti pare sia già ora nel bordello… quindi si comincia subito: entrare nel cortile della villa è semplice in quanto l’anziano portiere, Guido Porazzi, non oppone resistenza, vedendo Excubitores, Templari e Soci Inquisitori al suo cospetto.
La villa è sita al centro di un ampio spazio verde fittamente alberato, il gruppo si dirige subito verso gli ingressi della costruzione: mentre gli Excubitores e Iolanda si tengono all’esterno per bloccare eventuali fuggiaschi, ai nostri tocca la vera e propria irruzione attraverso uno o più dei 3 accessi al piano terra…

Antica mappa di Firenze

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