I nostri alla fine si riuniscono, scambiandosi le rispettive informazioni. Decidono per prima cosa di andare presso l’orfanotrofio vicino alla Chiesa del Martire, ora in rovina e sconsacrata, per riconsegnare il piccolo Beco alle suore, spiegando l’accaduto.
Il bambino però sembra inquieto, soprattutto dopo aver nominato la cosiddetta “cella”, ossia una sorta di stanza dove, per punizione, sovente i bimbi vengono rinchiusi dalle severe suore.
Giunti in prossimità dell’orfanotrofio il gruppo scorge in lontananza 2 religiose che stanno accompagnando un bimbo all’interno della Chiesa del Martire, molto probabilmente alla “cella”: Beco a questo punto fugge in preda al panico e grida solo ai nostri di salvare quel bambino…
Benigno allora anticipa tutti e corre incontro alle 2 figure, suor Bertilla e suor Lucia, due donne circa cinquantenni, magre e dall’aspetto flemmatico e severo.
Con loro c’è Antonio un bimbo reo di aver fatto molteplici risse con altri coetanei e per questo destinato alla punizione della cella: le suore infatti, alle domande del Templare, rispondono spiegando che quella è una punizione praticata da anni al loro orfanotrofio, atta a instillare nelle menti dei giovani discoli un po’ di buon senso misto a sano timor di Dio, un luogo isolato, dunque, all’interno della ex sagrestia della Chiesa del Martire, ora in rovina, luogo adatto alla preghiera e al vero, sano, pentimento.
Anche gli altri giungono sul posto, si presentano, chiedono di poter vedere la Chiesa diroccata e poi, mentre si intrattengono discussioni con le due sorelle e ci si sposta a conferire all’interno dell’orfanotrofio, Fratello Bartolomeo pensa bene di restare nascosto all’interno della cella, per controllare dal vivo quel luogo, anche perche Antonio confida al teutonico velatamente che tutti i bimbi hanno paura di quella stanza e si sentono strani rumori la dentro di notte…
Le sorelle, nella discussione, dicono che i sospetti sulla cella sono solo spauracchi dei bambini e che, di fatto, nessuno ha mai subito alcunché passando una notte la dentro.
Alle suore viene infine detto che Bartolomeo se n’è dovuto andare via (gli altri sono stati avvisati dal teutonico per mezzo di un biglietto lasciato al piccolo Antonio di nascosto), poi ci si congeda rispettivamente e le due riaccompagnano Antonio alla sua punizione.
Là il piccolo trova dunque la figura amica di Bartolomeo che gli parla, promettendogli protezione: il piccolo confida al frate che l’ultima volta, nella cella, ha subito una ferita all’orecchio ma non ricorda bene in che modo gli sia successo…
Il gruppo, fuori, si organizza: si cena e poi si fanno velati appostamenti fino a che, giunta la notte non si decide di entrare nei ruderi della Chiesa per appostarsi la dentro, vicino all’ingresso (chiuso a chiave) della cella.
Nel frattempo Bartolomeo, al buio, tenta di consolare Antonio e spalle al muro, tiene sguainata la sua spada, per precauzione, contro l’oscurità ignota.
Ma ad ora tarda il teutonico, dentro la cella e Fratello Benigno, da fuori, odono parole sbiascicate e lamentose, in lingua latina… “O Domine, non sum dignus te sed dic verbo, et sanábitur ánima mea” (Oh Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato).
E poi il rumore di mattoni smossi, qualcuno (o qualcosa…) che sembra entrare nella stanza…odore di morte… il piccolo Antonio in lacrime, tremante.. Bartolomeo tenta disperatamente di lanciarsi, spada alla mano, verso quel pericolo ignoto.. ma è bloccato dall’incertezza… da fuori Benigno e gli altri sentono i rumori e iniziano a sfondare la porta.. poi una macabra voce d’oltretomba si rivolge al teutonico… “Chi siete..?”.. ma la porta viene sfondata e il gruppo fa irruzione e illumina la cella: ci sono Antonio, Bartolomeo e un buco aperto in una delle pareti.
L’inseguimento della mortuaria figura è scontato: dopo pochi istanti di rincorsa un essere balza fuori da un angolo, fra le macerie e cinge il corpo di Fratello Benigno… ma non lo attacca.. si limita solo a tenergli una delle sue sozze, scheletriche e putride mani sul capo.
Le torce illuminano una figura da incubo: quel che resta probabilmente di un religioso, un saio da frate a brandelli, arti scheletrici, volto putrefatto, decomposto e voce a dir poco raccapricciante.
Costui parla al gruppo, il quale temporeggia sul da farsi, vista la strana e delicata situazione.
Il Morto dice che ora si fa chiamare semplicemente “Il Martire” (in quanto nel 1944, secondo lui per volere del Signore, si vide costretto ad affogare un neonato durante un battesimo e il popolo lo linciò fino a decidere di murarlo vivo nella sagrestia di quella chiesa); in vita il suo nome era Padre Giosuè; dice di aver ricevuto in dono dal Signore il potere della visione dell’anima delle persone e quindi ha il compito di scrutare e giudicare la gente.
Padre Giosuè riesce a percepire come si comporterà una persona nel futuro… e, se secondo lui, questa si macchierà di peccati e delitti, ha il dovere di eliminarla: in questo modo egli scruta i bambini dell’orfanotrofio che vengono messi in cella.. se vede del bene in loro li risparmia… altrimenti diventano letteralmente carne per i suoi denti marci.
Il Martire quindi lascia la presa sul templare, dicendo che ha visto del bene in lui… poi a turno scruta dentro l’anima di ognuno dei presenti… per Bartolomeo e Michele vede una via di dedizione al Signore ma anche un imminente viaggio in terra di Germania… mentre per l’Ing. Timperi vede cose contrastanti.. infatti il frate si limita laconicamente a dire che egli sta mentendo ai suoi stessi compagni e gli chiede più volte il perché di tutto ciò.. lasciando sgomenti anche tutti i presenti…mentre il Timperi tende a minimizzare e quasi a irridere le dichiarazioni di quel Morto putrefatto, probabilmente un folle e sicuramente un blasfemo…
Fatto sta che in ogni caso i due Templari, d’intesa, decidono comunque di attaccare ed eliminare quel Morto così equivoco: seppur forse realmente dotato di una qualche forma di “dono” di preveggenza ma senza dubbio anche un essere pericoloso, bramoso di carne viva, che si pone nella rischiosa condizione di giudicare, divoratore reo confesso di bambini… troppo.
In fine e con più di un dubbio nelle loro menti, i nostri escono dalla Chiesa e vedono che ad attenderli ci sono Antonio, insieme a Padre Bastiano e a Beco.
Quest’ultimo, in particolare, ringrazia tutti per aver protetto il suo amico Antonio.. inoltre ribadisce di aver rivelato poco prima a Bastiano l’esistenza di una serie di utili passaggi sotterranei che permettono, ovviamente a rischio e pericolo, di raggiungere molteplici edifici di Mantova attraverso le tubazioni fognarie.
Il gruppo saluta e si congeda dal piccolo furfante, pensando bene di andare repentinamente ad infliggere una dura requisitoria alle due vecchie e arcigne suore: qui si apre un’accesa discussione dove i nostri accusano le due religiose apertamente per non aver garantito l’incolumità dei bambini, dichiarandole quindi direttamente responsabili delle morti di chissà quanti fanciulli, mentre le suore invece si limitano a barricarsi verbalmente dietro il muro della loro inconfutabile buona fede, aggiungendo che ogni eventuale accusa rivolta a loro dovrà essere giustificata davanti ad un tribunale presieduto dal Vescovo mantovano, Sua Eccellenza, Monsignor Santamaria…
Al che i nostri lasciano momentaneamente perdere la questione, ripromettendosi di aver comunque un ampio conto in sospeso con suor Bertilla e suor Lucia.
Il bambino però sembra inquieto, soprattutto dopo aver nominato la cosiddetta “cella”, ossia una sorta di stanza dove, per punizione, sovente i bimbi vengono rinchiusi dalle severe suore.
Giunti in prossimità dell’orfanotrofio il gruppo scorge in lontananza 2 religiose che stanno accompagnando un bimbo all’interno della Chiesa del Martire, molto probabilmente alla “cella”: Beco a questo punto fugge in preda al panico e grida solo ai nostri di salvare quel bambino…
Benigno allora anticipa tutti e corre incontro alle 2 figure, suor Bertilla e suor Lucia, due donne circa cinquantenni, magre e dall’aspetto flemmatico e severo.
Con loro c’è Antonio un bimbo reo di aver fatto molteplici risse con altri coetanei e per questo destinato alla punizione della cella: le suore infatti, alle domande del Templare, rispondono spiegando che quella è una punizione praticata da anni al loro orfanotrofio, atta a instillare nelle menti dei giovani discoli un po’ di buon senso misto a sano timor di Dio, un luogo isolato, dunque, all’interno della ex sagrestia della Chiesa del Martire, ora in rovina, luogo adatto alla preghiera e al vero, sano, pentimento.
Anche gli altri giungono sul posto, si presentano, chiedono di poter vedere la Chiesa diroccata e poi, mentre si intrattengono discussioni con le due sorelle e ci si sposta a conferire all’interno dell’orfanotrofio, Fratello Bartolomeo pensa bene di restare nascosto all’interno della cella, per controllare dal vivo quel luogo, anche perche Antonio confida al teutonico velatamente che tutti i bimbi hanno paura di quella stanza e si sentono strani rumori la dentro di notte…
Le sorelle, nella discussione, dicono che i sospetti sulla cella sono solo spauracchi dei bambini e che, di fatto, nessuno ha mai subito alcunché passando una notte la dentro.
Alle suore viene infine detto che Bartolomeo se n’è dovuto andare via (gli altri sono stati avvisati dal teutonico per mezzo di un biglietto lasciato al piccolo Antonio di nascosto), poi ci si congeda rispettivamente e le due riaccompagnano Antonio alla sua punizione.
Là il piccolo trova dunque la figura amica di Bartolomeo che gli parla, promettendogli protezione: il piccolo confida al frate che l’ultima volta, nella cella, ha subito una ferita all’orecchio ma non ricorda bene in che modo gli sia successo…
Il gruppo, fuori, si organizza: si cena e poi si fanno velati appostamenti fino a che, giunta la notte non si decide di entrare nei ruderi della Chiesa per appostarsi la dentro, vicino all’ingresso (chiuso a chiave) della cella.
Nel frattempo Bartolomeo, al buio, tenta di consolare Antonio e spalle al muro, tiene sguainata la sua spada, per precauzione, contro l’oscurità ignota.
Ma ad ora tarda il teutonico, dentro la cella e Fratello Benigno, da fuori, odono parole sbiascicate e lamentose, in lingua latina… “O Domine, non sum dignus te sed dic verbo, et sanábitur ánima mea” (Oh Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato).
E poi il rumore di mattoni smossi, qualcuno (o qualcosa…) che sembra entrare nella stanza…odore di morte… il piccolo Antonio in lacrime, tremante.. Bartolomeo tenta disperatamente di lanciarsi, spada alla mano, verso quel pericolo ignoto.. ma è bloccato dall’incertezza… da fuori Benigno e gli altri sentono i rumori e iniziano a sfondare la porta.. poi una macabra voce d’oltretomba si rivolge al teutonico… “Chi siete..?”.. ma la porta viene sfondata e il gruppo fa irruzione e illumina la cella: ci sono Antonio, Bartolomeo e un buco aperto in una delle pareti.
L’inseguimento della mortuaria figura è scontato: dopo pochi istanti di rincorsa un essere balza fuori da un angolo, fra le macerie e cinge il corpo di Fratello Benigno… ma non lo attacca.. si limita solo a tenergli una delle sue sozze, scheletriche e putride mani sul capo.
Le torce illuminano una figura da incubo: quel che resta probabilmente di un religioso, un saio da frate a brandelli, arti scheletrici, volto putrefatto, decomposto e voce a dir poco raccapricciante.
Costui parla al gruppo, il quale temporeggia sul da farsi, vista la strana e delicata situazione.
Il Morto dice che ora si fa chiamare semplicemente “Il Martire” (in quanto nel 1944, secondo lui per volere del Signore, si vide costretto ad affogare un neonato durante un battesimo e il popolo lo linciò fino a decidere di murarlo vivo nella sagrestia di quella chiesa); in vita il suo nome era Padre Giosuè; dice di aver ricevuto in dono dal Signore il potere della visione dell’anima delle persone e quindi ha il compito di scrutare e giudicare la gente.
Padre Giosuè riesce a percepire come si comporterà una persona nel futuro… e, se secondo lui, questa si macchierà di peccati e delitti, ha il dovere di eliminarla: in questo modo egli scruta i bambini dell’orfanotrofio che vengono messi in cella.. se vede del bene in loro li risparmia… altrimenti diventano letteralmente carne per i suoi denti marci.
Il Martire quindi lascia la presa sul templare, dicendo che ha visto del bene in lui… poi a turno scruta dentro l’anima di ognuno dei presenti… per Bartolomeo e Michele vede una via di dedizione al Signore ma anche un imminente viaggio in terra di Germania… mentre per l’Ing. Timperi vede cose contrastanti.. infatti il frate si limita laconicamente a dire che egli sta mentendo ai suoi stessi compagni e gli chiede più volte il perché di tutto ciò.. lasciando sgomenti anche tutti i presenti…mentre il Timperi tende a minimizzare e quasi a irridere le dichiarazioni di quel Morto putrefatto, probabilmente un folle e sicuramente un blasfemo…
Fatto sta che in ogni caso i due Templari, d’intesa, decidono comunque di attaccare ed eliminare quel Morto così equivoco: seppur forse realmente dotato di una qualche forma di “dono” di preveggenza ma senza dubbio anche un essere pericoloso, bramoso di carne viva, che si pone nella rischiosa condizione di giudicare, divoratore reo confesso di bambini… troppo.
In fine e con più di un dubbio nelle loro menti, i nostri escono dalla Chiesa e vedono che ad attenderli ci sono Antonio, insieme a Padre Bastiano e a Beco.
Quest’ultimo, in particolare, ringrazia tutti per aver protetto il suo amico Antonio.. inoltre ribadisce di aver rivelato poco prima a Bastiano l’esistenza di una serie di utili passaggi sotterranei che permettono, ovviamente a rischio e pericolo, di raggiungere molteplici edifici di Mantova attraverso le tubazioni fognarie.
Il gruppo saluta e si congeda dal piccolo furfante, pensando bene di andare repentinamente ad infliggere una dura requisitoria alle due vecchie e arcigne suore: qui si apre un’accesa discussione dove i nostri accusano le due religiose apertamente per non aver garantito l’incolumità dei bambini, dichiarandole quindi direttamente responsabili delle morti di chissà quanti fanciulli, mentre le suore invece si limitano a barricarsi verbalmente dietro il muro della loro inconfutabile buona fede, aggiungendo che ogni eventuale accusa rivolta a loro dovrà essere giustificata davanti ad un tribunale presieduto dal Vescovo mantovano, Sua Eccellenza, Monsignor Santamaria…
Al che i nostri lasciano momentaneamente perdere la questione, ripromettendosi di aver comunque un ampio conto in sospeso con suor Bertilla e suor Lucia.
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