Padre Bastiano, ristabilito, si ricongiunge al gruppo. I quattro si aggiornano sul da farsi e partono, la notte stessa, verso il cimitero, per tentare di cogliere l’eventuale setta in riunione. Giunti in prossimità di uno degli accessi secondari al campo santo, ora in stato di abbandono e ad alto pericolo di Morti in circolazione, i nostri lasciano la loro auto lontana dall’ingresso principale, per non dare nell’occhio e tentano la sortita: accade però che, complice il buio della notte e il lugubre posto, solo Vito non subisce l’effetto dei nervi e della paura. Bastiano ed Ettore infatti, in maniera non molto onorevole, si ritraggono da quel luogo infausto e fanno per tornare verso l’esterno, alla macchina parcheggiata; Remigio addirittura ha un raro cedimento psico fisico e crolla a terra svenuto…
Pochi minuti dopo, in ogni caso, il gruppo si ricompatta e superato l’iniziale shock si decide ad entrare nell’oscuro luogo di morte. Dopo qualche passo si odono urla strazianti e movimenti indistinti da fronte e da retro; i nostri iniziano una corsa per raggiungere le palazzine del cimitero ma circa a metà strada sono incrociati da alcuni Morti famelici: una donna armata di coltelli esce urlando e sfonda la vetrata della chiesetta del cimitero, avventandosi da tergo su Bastiano mentre un uomo putrefatto armato di scure si para davanti al gruppo. Lo scontro è convulso anche perché l’impressione di poter essere a breve circondati da decine di Morti è forte, inoltre la tenue luce delle torce elettriche del gruppo, unica fonte di illuminazione, rende ancora meno agevole il destreggiarsi nell’ampio prato buio del cimitero…
Fatti a pezzi i due Morti, i nostri, lievemente feriti, corrono verso quella che sperano essere la Palazzina Venezia: ci sono infatti due palazzine simili all’ingresso, nessuno di loro sa con certezza quale sia quella giusta e nella fretta non è stato nemmeno chiesto a qualcuno in città, informazione che di certo ogni riminese avrebbe potuto dare con relativa facilità…
In ogni caso decidono istintivamente per un’irruzione nella palazzina sita a sinistra dell’ingresso principale: qui trovano altri Morti, non membri della setta… ma anche palesi indizi che la setta si era di certo radunata in quell’edificio: altri mantelli di canapa, tracce di sangue, resti di candele e una lettera che, in sintesi, spiega che da Dicembre ’57 la sede delle riunioni è stata spostata, per motivi di sicurezza a causa dei Morti, al Teatro Vittorio Emanuele II in Piazza Cavour, sede della Fabbrica di Maschere e Burattini di Edoardo Carosi, presumibilmente capo delle Anime Candide.
I nostri, neanche a dirlo, si lanciano allora all’assalto del Carosi in quel del teatro; ormai è tarda notte, la città appare deserta e buia, il piano terra del teatro è luogo deputato al laboratorio artigiano del Carosi, per burattini e maschere, oltre che ad un’ampia e inquietante esposizione delle stesse.
Nella sala delle Colonne, al p.t., il gruppo ode una voce, presumibilmente del Carosi, che li schernisce… salgono le scale e arrivano al piano superiore del teatro. Qui attraversano alcune stanze con letti e mobilio sul quale ci sono segni evidenti di sangue e dei rituali della setta e poi giungono ad una lunga stanza vetrata dove c’è il Carosi ad attenderli insieme ad una giovane nuda e presumibilmente ubriaca, che riconoscono come Annamaria Bianchini, la giovane scomparsa, quattro piccoli burattini animati e armati di coltelli oltre a sette elementi della setta incappucciati e armati di accette. Lo scontro è lungo e bizzarro, anche perché inizialmente Ettore sbaglia completamente il lancio di una granata, rischiando grosso… ma poi le potenzialità del gruppo hanno il sopravvento e una volta resosi conto dell’imminente sconfitta, Edoardo Carosi prende con se la giovane in stato di incoscienza e si getta di sotto sfondando una vetrata, rimanendo ucciso sul colpo. Un tragico e sanguinoso epilogo…
Il gruppo se ne fa una ragione e riporta quanto accaduto in sede vescovile e inquisitoriale e il caso, di fatto, viene archiviato con l’eliminazione della setta.
Inoltre il vescovo Valentini dona ai nostri, in riconoscenza per quanto fatto sino ad ora per la città, le chiavi di un’intera palazzina in centro per le loro esigenze, esentandoli finalmente dallo sperperare per vitto e alloggio ogni scudo al costoso Albergo Aquila d’Oro… E tutto sembra a posto… i giorni trascorrono placidi…
Fino a che, come un fulmine a ciel sereno, ognuno dei nostri non riceve la lettera di convocazione al processo a loro carico, ognuno secondo le proprie accuse, presso i due tribunali riuniti, quello vescovile e il temutissimo tribunale inquisitoriale… e si salvi chi può…
Pochi minuti dopo, in ogni caso, il gruppo si ricompatta e superato l’iniziale shock si decide ad entrare nell’oscuro luogo di morte. Dopo qualche passo si odono urla strazianti e movimenti indistinti da fronte e da retro; i nostri iniziano una corsa per raggiungere le palazzine del cimitero ma circa a metà strada sono incrociati da alcuni Morti famelici: una donna armata di coltelli esce urlando e sfonda la vetrata della chiesetta del cimitero, avventandosi da tergo su Bastiano mentre un uomo putrefatto armato di scure si para davanti al gruppo. Lo scontro è convulso anche perché l’impressione di poter essere a breve circondati da decine di Morti è forte, inoltre la tenue luce delle torce elettriche del gruppo, unica fonte di illuminazione, rende ancora meno agevole il destreggiarsi nell’ampio prato buio del cimitero…
Fatti a pezzi i due Morti, i nostri, lievemente feriti, corrono verso quella che sperano essere la Palazzina Venezia: ci sono infatti due palazzine simili all’ingresso, nessuno di loro sa con certezza quale sia quella giusta e nella fretta non è stato nemmeno chiesto a qualcuno in città, informazione che di certo ogni riminese avrebbe potuto dare con relativa facilità…
In ogni caso decidono istintivamente per un’irruzione nella palazzina sita a sinistra dell’ingresso principale: qui trovano altri Morti, non membri della setta… ma anche palesi indizi che la setta si era di certo radunata in quell’edificio: altri mantelli di canapa, tracce di sangue, resti di candele e una lettera che, in sintesi, spiega che da Dicembre ’57 la sede delle riunioni è stata spostata, per motivi di sicurezza a causa dei Morti, al Teatro Vittorio Emanuele II in Piazza Cavour, sede della Fabbrica di Maschere e Burattini di Edoardo Carosi, presumibilmente capo delle Anime Candide.
I nostri, neanche a dirlo, si lanciano allora all’assalto del Carosi in quel del teatro; ormai è tarda notte, la città appare deserta e buia, il piano terra del teatro è luogo deputato al laboratorio artigiano del Carosi, per burattini e maschere, oltre che ad un’ampia e inquietante esposizione delle stesse.
Nella sala delle Colonne, al p.t., il gruppo ode una voce, presumibilmente del Carosi, che li schernisce… salgono le scale e arrivano al piano superiore del teatro. Qui attraversano alcune stanze con letti e mobilio sul quale ci sono segni evidenti di sangue e dei rituali della setta e poi giungono ad una lunga stanza vetrata dove c’è il Carosi ad attenderli insieme ad una giovane nuda e presumibilmente ubriaca, che riconoscono come Annamaria Bianchini, la giovane scomparsa, quattro piccoli burattini animati e armati di coltelli oltre a sette elementi della setta incappucciati e armati di accette. Lo scontro è lungo e bizzarro, anche perché inizialmente Ettore sbaglia completamente il lancio di una granata, rischiando grosso… ma poi le potenzialità del gruppo hanno il sopravvento e una volta resosi conto dell’imminente sconfitta, Edoardo Carosi prende con se la giovane in stato di incoscienza e si getta di sotto sfondando una vetrata, rimanendo ucciso sul colpo. Un tragico e sanguinoso epilogo…
Il gruppo se ne fa una ragione e riporta quanto accaduto in sede vescovile e inquisitoriale e il caso, di fatto, viene archiviato con l’eliminazione della setta.
Inoltre il vescovo Valentini dona ai nostri, in riconoscenza per quanto fatto sino ad ora per la città, le chiavi di un’intera palazzina in centro per le loro esigenze, esentandoli finalmente dallo sperperare per vitto e alloggio ogni scudo al costoso Albergo Aquila d’Oro… E tutto sembra a posto… i giorni trascorrono placidi…
Fino a che, come un fulmine a ciel sereno, ognuno dei nostri non riceve la lettera di convocazione al processo a loro carico, ognuno secondo le proprie accuse, presso i due tribunali riuniti, quello vescovile e il temutissimo tribunale inquisitoriale… e si salvi chi può…
Huahahahahaha! Tremate fratelli!
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