Michele da Bracciano insieme a Padre Leonardo decidono di recarsi a Villa Gandolfo, dimora del nobile Siniscalchi, per chiedere un incontro e questa volta si presentano nelle loro vesti ufficiali di Templare e Sotium Inquisitoris ma i Probi Viri di guardia alla porta, dopo un breve consulto, dicono che il loro signore sarà lieto di invitare la sera stessa a cena i due religiosi.
Nel frattempo Remigio alias “Benigio da Marrazzo”, Ettore e Bastiano rimangono a colloquiare con alcuni cittadini al Fiasco Rotto.
Giunge sera… mentre Ettore trova riparo ancora una volta presso la canonica di Padre Rederelli, Benigio e Bastiano si rifugiano, pagando una modica somma, a casa di una anziana signora di Molino d’Era, Fratello Michele e il Sotium Rivolta si accingono a presenziare all’invito a cena presso il Siniscalchi.
Qui, accomodandosi in un ampio salone al piano terreno, vengono accolti da alcuni domestici, una tavola imbandita e dopo una ventina di minuti anche dal padrone di casa, il nobile signorotto di Molino d’Era, Lorenzo Siniscalchi, un uomo sui cinquant’anni, alto, magro, con pizzetto, baffi e sul capo un evidente parrucchino nero…
La cena trascorre fra gustose pietanze, ottimo vino toscano di produzione locale e amabili discorsi… ma Fratello Michele non può esimersi dal chiedere al Siniscalchi anche delucidazioni sulle “morti per fuoco”, sulla situazione economica dei suoi braccianti e sui rapporti fra il nobile e il suo popolo… ne esce che il signorotto, pur non rivelando più del dovuto, appare molto preoccupato per la crescente tensione, lo sterminio dei suoi Probi Viri e il malcontento dei cittadini che, secondo lui, potrebbe presto sfociare in atti di violenza nei suoi confronti.. chiede quindi di poter usufruire della stretta protezione dei due religiosi e consegna loro le chiavi di una comoda stanza da letto al piano primo della villa, dove potranno meglio vigilare sulla sua dimora e su di lui.
Ma accade che, nel cuore delle ore notturne, agitazione e grida svegliano i dormienti di Molino d’Era: l’ennesimo Probo Viro (dovrebbe essere questo il singolare di “Probi Viri”, l’ho letto sul sito del Corriere della Sera, spero sia attendibile…) è morto per fuoco.
Quindi la folla si accalca e gli altri pochi Probi Viri di guardia in circolazione, oramai sull’orlo di una crisi di nervi, se la danno a gambe, terrorizzati dalle fiamme divine che sempre più frequentemente si abbattono su di loro…
Padre Rederelli esce dalla chiesa ma le sue invocazioni alla calma e alla preghiera questa volta sono vane: i cittadini, radunatisi in un paio di dozzine, sono inferociti e nella fuga delle brutali guardie del Siniscalchi intravedono finalmente la possibilità di una violenta vendetta… quindi si armano alla buona con arnesi agricoli e iniziano una malintenzionata marcia verso Villa Gandolfo.
In quei 300 m di strada sia Benigio, sia Ettore, sia Bastiano tentano di rabbonire la folla, inutilmente… in testa ai rivoltosi ci sono l’erborista Vitali, l’oste Condotti e l’ex viticoltore Toderi, i popolani forse più vessati, per vari motivi, dal nobile Siniscalchi.
Intanto anche a Villa Gandolfo è il caos: una delle guardie arriva trafelata, urla a tutti dell’ennesima morte per fuoco e quindi anche i pochi Probi Viri rimasti si danno repentinamente alla fuga, correndo all’impazzata in ogni direzione.
Succede quindi che alla villa restano presenti solamente i 4 domestici, Lorenzo Siniscalchi, Fratello Michele e Padre Leonardo: mentre Michele si para di fronte al portone d’ingresso e Leonardo rimane nei paraggi, il nobile e i suoi corrono ai ripari nelle cantine, similmente a topi…
Il linciaggio si profila netto all’orizzonte: è chiaro che, nonostante la folla chieda a gran voce la testa del signorotto, il fatto di trovare inaspettatamente un templare, Michele, alla sua porta, frena l’impeto dei popolani; ma ci vogliono diversi minuti di tensione e dialogo per far si che il popolo abbassi in fine le armi e se ne torni, pur vociante e frustrato, al paese… in ogni caso la questione rimane aperta e la gente chiede giustizia proprio in virtù del fatto di aver trovato un templare, uomo per loro retto e degno di fiducia. Quindi il linciaggio potrebbe essere solo rimandato… ma per il momento il pericolo sembra scemare… anche se i cittadini di Molino d’Era promettono di tornare l’indomani per ottenere la loro giustizia.
Fra l’altro Remigio riesce a parlare nuovamente con l’anziano erborista Vitali il quale, dopo alcune reticenze, lo invita a un colloquio privato nel suo negozio dove, di fatto, confessa il suo coinvolgimento in prima persona nelle morti per fuoco: egli, per vendicarsi della morte della giovane figlia ad opera delle violente bramosie sessuali del Siniscalchi, avvenuta in una vera e propria sala degli orrori e delle torture sita in una stanza della cantina di Villa Gandolfo, ha sfruttato la sua Laurea in Chimica, ottenuta all’Università di Pisa nel 1921, sintetizzando una sostanza da lui ribattezzata “fulminolo” con la quale ha avvelenato a poco a poco gli stomaci dei Probi Viri e dell’Inquisitore Conforti. Tale sostanza è inodore e insapore e con la complicità dell’oste Condotti, è stato facile somministrarla attraverso le pietanza del Fiasco Rotto ai vari malcapitati. Il “fulminolo” è praticamente innocuo se ingerito ma se viene a contatto con anche una sola molecola d’alcol, suo reagente, sprigiona una potentissima fiammata, a più di seimila gradi centigradi, capace di sciogliere quasi completamente un essere umano in una trentina di secondi, a partire dallo stomaco, risparmiando solo la punta delle mani e dei piedi. In questa orribile maniera Vitali e Condotti pensavano di vendicarsi, uccidendo e poi facendo fuggire di terrore le guardie del signorotto per poterlo poi liberamente linciare, insieme agli altri cittadini vessati, per i suoi reiterati misfatti.
Ottenuta questa disperata confessione il gruppo si riunisce a Villa Gandolfo e dopo aver velocemente perquisito la casa (trovando un paio di lettere che sembrano coinvolgere il nobile pure in alcune questioni poco chiare relative ai precedenti delitti del Castello di Rivalta di Rivergaro, nel piacentino… oltre ad una porta sbarrata in cantina dove probabilmente, come indicato dall’erborista Vitali, il signorotto nasconde una sorta di sala delle torture…) anche Fratello Remigio e Padre Bastiano, oltre che Ettore, si presentano al terrorizzato padrone di casa per ciò che sono.
Il Siniscalchi, però, sembra tornare presto spavaldo: la gente che voleva la sua testa per ora è andata via, lui è salvo ed ha la protezione di 2 Templari, 2 Soci Inquisitori e un Cacciatore di Morti direttamente a casa sua.
Fratello Remigio fa allora notare al Siniscalchi alcune delicate questioni: il popolo tornerà presto a reclamarlo, lui pare essere coinvolto in diverse azioni delittuose descritte nelle lettere trovate in camera sua, inoltre diversi cittadini hanno detto più volte di aver subito violenze sessuali, soprusi e abusi di ogni genere… in pratica descrive diversi pesanti possibili capi d’accusa nei suoi confronti.
Al che Lorenzo Siniscalchi ricorda brutalmente ai suoi interlocutori che lui è pur sempre un nobile proveniente da Roma ed ha notevoli conoscenze e protezioni ai vertici ecclesiastici della capitale… inoltre pone addirittura la velata minaccia di poter interferire negativamente in un’eventuale ipotesi di promozione nelle carriere dei Templari e dei Soci Inquisitori presenti…
Questi sono i fatti, ora cominciano i dubbi… e i nostri discutono fra loro sul da farsi.
Da un lato Fratello Michele sarebbe piuttosto propenso, ispirato dai suoi ideali di Giustizia, furiosamente sdegnato dai delitti e dalle molteplici colpe peccaminose del signore di Molino d’Era, a lasciare il Siniscalchi direttamente nelle mani dei suoi vessati cittadini, al loro scontato giudizio nonché alla loro quasi certa ira funesta che porterebbe molto probabilmente al linciaggio e alla morte del nobile.
Fratello Remigio invece, seppur incurante delle minacce alla carriera poste del signorotto, si dichiara più incline a portare comunque il Siniscalchi davanti ad un legittimo tribunale, presumibilmente a Siena, dove il Vescovo e\o gli Inquisitori locali sarebbero di certo ben lieti di giudicare un tale criminale e peccatore incallito, a fronte delle schiaccianti prove e testimonianze fornite… il problema, che rende di fatto l’esito di un eventuale processo assolutamente non scontato, sono le conclamate conoscenze altolocate del Siniscalchi le quali, forse, potrebbero addirittura lasciare impunito il nobile, agendo invece nei confronti degli sfortunati paesani, colpevoli, come nel caso di Vitali, dell’omicidio, per avvelenamento da “fulminolo”, di Probi Viri e ancor peggio, di un membro della Santa Inquisizione… ma, del resto, tutti conosciamo benissimo in che modo, a volte, venga fatta rispettare la Legge e la cosiddetta “giustizia” all’interno dei nobili e magnifici confini del Sanctum Imperium…
Nel frattempo Remigio alias “Benigio da Marrazzo”, Ettore e Bastiano rimangono a colloquiare con alcuni cittadini al Fiasco Rotto.
Giunge sera… mentre Ettore trova riparo ancora una volta presso la canonica di Padre Rederelli, Benigio e Bastiano si rifugiano, pagando una modica somma, a casa di una anziana signora di Molino d’Era, Fratello Michele e il Sotium Rivolta si accingono a presenziare all’invito a cena presso il Siniscalchi.
Qui, accomodandosi in un ampio salone al piano terreno, vengono accolti da alcuni domestici, una tavola imbandita e dopo una ventina di minuti anche dal padrone di casa, il nobile signorotto di Molino d’Era, Lorenzo Siniscalchi, un uomo sui cinquant’anni, alto, magro, con pizzetto, baffi e sul capo un evidente parrucchino nero…
La cena trascorre fra gustose pietanze, ottimo vino toscano di produzione locale e amabili discorsi… ma Fratello Michele non può esimersi dal chiedere al Siniscalchi anche delucidazioni sulle “morti per fuoco”, sulla situazione economica dei suoi braccianti e sui rapporti fra il nobile e il suo popolo… ne esce che il signorotto, pur non rivelando più del dovuto, appare molto preoccupato per la crescente tensione, lo sterminio dei suoi Probi Viri e il malcontento dei cittadini che, secondo lui, potrebbe presto sfociare in atti di violenza nei suoi confronti.. chiede quindi di poter usufruire della stretta protezione dei due religiosi e consegna loro le chiavi di una comoda stanza da letto al piano primo della villa, dove potranno meglio vigilare sulla sua dimora e su di lui.
Ma accade che, nel cuore delle ore notturne, agitazione e grida svegliano i dormienti di Molino d’Era: l’ennesimo Probo Viro (dovrebbe essere questo il singolare di “Probi Viri”, l’ho letto sul sito del Corriere della Sera, spero sia attendibile…) è morto per fuoco.
Quindi la folla si accalca e gli altri pochi Probi Viri di guardia in circolazione, oramai sull’orlo di una crisi di nervi, se la danno a gambe, terrorizzati dalle fiamme divine che sempre più frequentemente si abbattono su di loro…
Padre Rederelli esce dalla chiesa ma le sue invocazioni alla calma e alla preghiera questa volta sono vane: i cittadini, radunatisi in un paio di dozzine, sono inferociti e nella fuga delle brutali guardie del Siniscalchi intravedono finalmente la possibilità di una violenta vendetta… quindi si armano alla buona con arnesi agricoli e iniziano una malintenzionata marcia verso Villa Gandolfo.
In quei 300 m di strada sia Benigio, sia Ettore, sia Bastiano tentano di rabbonire la folla, inutilmente… in testa ai rivoltosi ci sono l’erborista Vitali, l’oste Condotti e l’ex viticoltore Toderi, i popolani forse più vessati, per vari motivi, dal nobile Siniscalchi.
Intanto anche a Villa Gandolfo è il caos: una delle guardie arriva trafelata, urla a tutti dell’ennesima morte per fuoco e quindi anche i pochi Probi Viri rimasti si danno repentinamente alla fuga, correndo all’impazzata in ogni direzione.
Succede quindi che alla villa restano presenti solamente i 4 domestici, Lorenzo Siniscalchi, Fratello Michele e Padre Leonardo: mentre Michele si para di fronte al portone d’ingresso e Leonardo rimane nei paraggi, il nobile e i suoi corrono ai ripari nelle cantine, similmente a topi…
Il linciaggio si profila netto all’orizzonte: è chiaro che, nonostante la folla chieda a gran voce la testa del signorotto, il fatto di trovare inaspettatamente un templare, Michele, alla sua porta, frena l’impeto dei popolani; ma ci vogliono diversi minuti di tensione e dialogo per far si che il popolo abbassi in fine le armi e se ne torni, pur vociante e frustrato, al paese… in ogni caso la questione rimane aperta e la gente chiede giustizia proprio in virtù del fatto di aver trovato un templare, uomo per loro retto e degno di fiducia. Quindi il linciaggio potrebbe essere solo rimandato… ma per il momento il pericolo sembra scemare… anche se i cittadini di Molino d’Era promettono di tornare l’indomani per ottenere la loro giustizia.
Fra l’altro Remigio riesce a parlare nuovamente con l’anziano erborista Vitali il quale, dopo alcune reticenze, lo invita a un colloquio privato nel suo negozio dove, di fatto, confessa il suo coinvolgimento in prima persona nelle morti per fuoco: egli, per vendicarsi della morte della giovane figlia ad opera delle violente bramosie sessuali del Siniscalchi, avvenuta in una vera e propria sala degli orrori e delle torture sita in una stanza della cantina di Villa Gandolfo, ha sfruttato la sua Laurea in Chimica, ottenuta all’Università di Pisa nel 1921, sintetizzando una sostanza da lui ribattezzata “fulminolo” con la quale ha avvelenato a poco a poco gli stomaci dei Probi Viri e dell’Inquisitore Conforti. Tale sostanza è inodore e insapore e con la complicità dell’oste Condotti, è stato facile somministrarla attraverso le pietanza del Fiasco Rotto ai vari malcapitati. Il “fulminolo” è praticamente innocuo se ingerito ma se viene a contatto con anche una sola molecola d’alcol, suo reagente, sprigiona una potentissima fiammata, a più di seimila gradi centigradi, capace di sciogliere quasi completamente un essere umano in una trentina di secondi, a partire dallo stomaco, risparmiando solo la punta delle mani e dei piedi. In questa orribile maniera Vitali e Condotti pensavano di vendicarsi, uccidendo e poi facendo fuggire di terrore le guardie del signorotto per poterlo poi liberamente linciare, insieme agli altri cittadini vessati, per i suoi reiterati misfatti.
Ottenuta questa disperata confessione il gruppo si riunisce a Villa Gandolfo e dopo aver velocemente perquisito la casa (trovando un paio di lettere che sembrano coinvolgere il nobile pure in alcune questioni poco chiare relative ai precedenti delitti del Castello di Rivalta di Rivergaro, nel piacentino… oltre ad una porta sbarrata in cantina dove probabilmente, come indicato dall’erborista Vitali, il signorotto nasconde una sorta di sala delle torture…) anche Fratello Remigio e Padre Bastiano, oltre che Ettore, si presentano al terrorizzato padrone di casa per ciò che sono.
Il Siniscalchi, però, sembra tornare presto spavaldo: la gente che voleva la sua testa per ora è andata via, lui è salvo ed ha la protezione di 2 Templari, 2 Soci Inquisitori e un Cacciatore di Morti direttamente a casa sua.
Fratello Remigio fa allora notare al Siniscalchi alcune delicate questioni: il popolo tornerà presto a reclamarlo, lui pare essere coinvolto in diverse azioni delittuose descritte nelle lettere trovate in camera sua, inoltre diversi cittadini hanno detto più volte di aver subito violenze sessuali, soprusi e abusi di ogni genere… in pratica descrive diversi pesanti possibili capi d’accusa nei suoi confronti.
Al che Lorenzo Siniscalchi ricorda brutalmente ai suoi interlocutori che lui è pur sempre un nobile proveniente da Roma ed ha notevoli conoscenze e protezioni ai vertici ecclesiastici della capitale… inoltre pone addirittura la velata minaccia di poter interferire negativamente in un’eventuale ipotesi di promozione nelle carriere dei Templari e dei Soci Inquisitori presenti…
Questi sono i fatti, ora cominciano i dubbi… e i nostri discutono fra loro sul da farsi.
Da un lato Fratello Michele sarebbe piuttosto propenso, ispirato dai suoi ideali di Giustizia, furiosamente sdegnato dai delitti e dalle molteplici colpe peccaminose del signore di Molino d’Era, a lasciare il Siniscalchi direttamente nelle mani dei suoi vessati cittadini, al loro scontato giudizio nonché alla loro quasi certa ira funesta che porterebbe molto probabilmente al linciaggio e alla morte del nobile.
Fratello Remigio invece, seppur incurante delle minacce alla carriera poste del signorotto, si dichiara più incline a portare comunque il Siniscalchi davanti ad un legittimo tribunale, presumibilmente a Siena, dove il Vescovo e\o gli Inquisitori locali sarebbero di certo ben lieti di giudicare un tale criminale e peccatore incallito, a fronte delle schiaccianti prove e testimonianze fornite… il problema, che rende di fatto l’esito di un eventuale processo assolutamente non scontato, sono le conclamate conoscenze altolocate del Siniscalchi le quali, forse, potrebbero addirittura lasciare impunito il nobile, agendo invece nei confronti degli sfortunati paesani, colpevoli, come nel caso di Vitali, dell’omicidio, per avvelenamento da “fulminolo”, di Probi Viri e ancor peggio, di un membro della Santa Inquisizione… ma, del resto, tutti conosciamo benissimo in che modo, a volte, venga fatta rispettare la Legge e la cosiddetta “giustizia” all’interno dei nobili e magnifici confini del Sanctum Imperium…
Ciao a tutti,
RispondiEliminacomplimenti per l'ottima gestione della partita (terminare vivi... come cantava il Lucio nazionale) ed a Gabo per l'intreccio della partita.
Vediamo un po' se questi giorni di attesa ci porteranno alle giuste valutazioni.
A presto.
Devo dire che sta volta ho fatto le veci che di solito fa Daniele... sono tuttora convinto che se la legge umana e' fallibile, non lo sarà quella divina che si occuperà prima o poi del Siniscalchi. Confermo quindi la mia idea. Porterei in salvo la sera stessa il Siniscalchi. E al tribunale descriverei ogni cosa. Anche l'erborista e il titolare della taverna devono essere processati. Non ci si fa giustizia da soli. Tuttavia lascerò loro una lettera per tramite dei servi del siniscalchi in cui li informerò, quando ormai saremo lontani, di quello che è successo in modo che possano, se lo vorranno, scegliere di andarsene anzichè attendere l'inquisizione, con la certezza che se non sarà il mondo degli uomini a dar loro giustizia, ci penserà sicuramente ns. signore.
RispondiEliminaVedo che parlate di giuste valutazioni, di leggi umane, di leggi divine... hahaha... devo dire che questa è stata veramente una subdola avventura... che ha agito più sulla vostra psiche di altre... era dai tempi del processo che non vi ponevate tanti interrogativi.. bene!!! a martedì, ciao, g
RispondiElimina